cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

Il mio profilo migliore – di Safy Nebbou

FRANCIA 2019

Analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo

La doppia vita di Claire Millaud
– a cura di Roberto Bernabò – 

Il mio profilo migliore - locandina del film

Il mio profilo migliore

Regia: di Safy Nebbou
Titolo originale: Celle que vous croyez
Titolo internazionale: Who You Think I Am
Sceneggiatura: Safy Nebbou, Julie Peyr
Soggetto: Camille Laurens – Romanzo
Produzione: Michel Saint-Jean
Montaggio: Stéphane Pereira
Fotografia: Gilles Porte
Costumi: Alexandra Charles
Colonna sonora: Ibrahim Maalouf
Genere: Drammatico
Paese: Francia, 2019,
Durata: 101 minuti
Uscita cinema giovedì 17 ottobre 2019 distribuito da I Wonder Pictures

Interpreti e personaggi

Juliette Binoche – Claire Millaud
François Civil – Alex
Nicole Garcia – Catherine Boormans
Marie – Ange Casta – Katia
Guillaume Gouix – Ludo
Charles Berling – Gilles
Claude Perron – Solange
Jules Gauzelin – Tristan
Jules Houplain – Max

Sinossi: Dal festival di Berlino, e dal Biografilm di Bologna, arriverà in sala il 17 ottobre, distribuito da I Wonder Pictures, “Il mio profilo migliore”, con Juliette Binoche. L’attrice francese, premio Oscar per Il paziente inglese, è alle prese, in questo film, con un altro ruolo memorabile, quello di Claire, affascinante e colta cinquantenne che – “caduta” nella rete del web – si dimezza l’età spacciandosi per una ventenne tramite un falso profilo social. Tratto dall’omonimo romanzo di Camille Laurens e diretto da Safy Nebbou, il film racconta la deriva nella virtualità dei social media di questa donna, madre single di due figli, seguendola da diverse prospettive. Anche se tutto si svolge nel mondo della rete, i sentimenti che nascono tra Claire e l’uomo “incontrato” sul web, sono assolutamente veri. Claire soccombe al fascino del suo mondo parallelo, fino a quando la realtà comincia a confondersi …

“Lei usa i social dottoressa? Perché, per me, rappresentano sia la salvezza, che la rovina. Fluttuiamo nel virtuale. Ma siamo sia il ragno che tesse la ragnatela, che la mosca che ne cade intrappolata.”
Claire Millaud

1. Introduzione

Il film è una profonda riflessione su tre ontologie del cinema a me molto care.

  1. Cinema e social network;
  2. Cinema e psicologia;
  3. Trasposizioni dal letterario al filmico.

La psicologa è applicata, nel caso di specie, non alla psicanalisi, ma alla psicoterapia, ed in particolare al rapporto tra paziente e psicoterapeuta.

La paziente provoca costantemente la psicoterapeuta che controlla, invece, magistralmente, tutti gli alienati tentativi della prima di coinvolgerla nella sua nevrosi.

Juliette Binoche è davvero notevole.

Sa mirabilmente cambiare registro della sua interpretazione, per adattarla alle continue evoluzioni della drammaturgia degli eventi.

Paradossalmente, il film propone un’analisi del contemporaneo, che si sostanzia come una sorta di evoluzione della società liquida di Bauman, per descriverne, crudamente, una nuova, legata alla potenziale perdita di senso, che, a volte, la vita virtuale, e quella di facebook in particolare, possono offrire, soprattutto ai single.

La frase che vale il film è:

“Lei usa i social dottoressa? Perché, per me, rappresentano sia la salvezza, che la rovina. Fluttuiamo nel virtuale. Ma siamo sia il ragno che tesse la ragnatela, che la mosca che ne cade intrappolata.”

2. Analisi di eventi ed esistenti – Lo sviluppo del conflitto

Uno dei più piani di sviluppo del conflitto della sceneggiatura, sicuramente il più importante, è interamente agito all’interno dell’esistente protagonista Claire Millaud, ed è un complesso conflitto interpersonale, tra lei ed il suo doppio, il personaggio giovane di una sua nipote che decide di utilizzare nel suo profilo facebook. Per una ragione che dovrete scoprire assistendo ad una proiezione del film.

Nicole Garcia - Catherine Boormans

L’altro, che anche questo ci accompagnerà per tutto il film, è quello tra Claire Millaud e la sua psicoterapeuta.

Anche se uso i social meno di prima, il film mi ha fatto molto bene. Anche se. per certi versi, mi ha letteralmente shoccato.

Fa riflettere molto.

2.1. La sceneggiatura

Poi diciamo che la sceneggiatura è scritta davvero molto bene.

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La motivazione all’azione degli esistenti è costruita benissimo, così come i punti di snodo del racconto, ed i significativi ed improvvisi colpi di scena, che continuamente rimettono la storia in discussione.

Un film basato su una narrazione lenta, ma allo stesso tempo imprevedibile nel suo svolgersi, probabilmente soprattutto grazie ad un’eccellente operazione di trasposizione dal letterario al filmico. Cosa, ammettiamolo, mai facile.

3. Analisi del linguaggio audiovisivo

 Juliette Binoche - Claire Millaud

3.1 La fotografia e la scelta delle inquadrature

Fotografia, e senso dell’inquadratura sono da annotare come davvero notevoli, con sequenze che mi hanno riportato alla mente le allegorie visive di Lars von Trier – come, ad esempio, nella catartica sequenza in cui Claire Millaud si lascia bagnare dalla pioggia che cade – di cui però, sia chiaro, il film non ha nulla a che vedere.

4. L’interpretazione – Juliette Binoche

Juliette Binoche, infine, sicuramente in odore di premi, per un’interpretazione davvero straordinaria, completa l’esperienza della visione di un’opera cinematografica abbastanza fuori dal comune.

Non deve essere stato facile, infatti, almeno a mio avviso, trasporre filmicamente una storia così claustrofobica, ed incentrata, quasi tutta, su un unico esistente.

5. Il finale

E’ la cosa, a prima vista, apparentemente meno convincente dell’opera. Ma se si è prestata la giusta attenzione allo sviluppo del conflitto e della narrazione, è, invece, probabilmente, l’elemento  più geniale del film.

Una sorta di ribaltamento alchemico, misto a vendetta, che una Claire Millaud, ormai finalmente guarita e purificata dalle sue ossessioni, riuscirà, paradossalmente, a permettersi il lusso – egoistico, in linea con il suo esistente nel film – di prendersi.

Magari anche solo per capire che gusto ci possa essere nel fare quello che la nipote giovane ha fatto a lei.

Per chiudere l’Institut Françoise di Roma è un posto davvero molto bello, collocato in una location considerevolmente affascinante.

Credo che inizierò a frequentarlo di più!

Il film merita la visione in sala.

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