cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

I film in uscita dal 28 novembre 2008

L’anticipazione

The Visitor - L'ospite inatteso

L’ospite inatteso

titolo originale: The Visitor
nazione: U.S.A.
anno: 2007
regia: Tom McCarthy
genere: Commedia
durata: 103 min.
distribuzione: Bolero Film
cast: R. Jenkins (Prof. Walter Vale) • H. Sleiman (Tarek Khalil) • D. Gurira (Zainab) • H. Abbass (Mouna Khalil) • M. Seldes (Barbara) • M. Moore (Karen) • M. Cumpsty (Charles) • B. McHenry (Darin) • R. Kind (Jacob) • T. Moskovitz (Zev) • A. Arison (Mr. Shah)
sceneggiatura: T. McCarthy
musiche: J. Kaczmarek
fotografia: O. Bokelberg
montaggio: T. McArdle

Trama: Un professore universitario viene coinvolto nella vita di una giovane coppia di immigrati che vivono a New York City, col risultato di cadere in un idillio inatteso. Mentre questi stranieri affrontano le loro vite in un mondo diverso, la loro umanità si fa luce per vie goffe, comiche e drammatiche.

Di questo strano film di Thomas McCarthy, più famoso al secolo come attore con il nome leggermente accorciato di Tom: Michael Clayton (2007), Year of the Dog (2007), Beautiful Ohio (2006), Flags of Our Fathers (2006), tanto per citare qualcuno che ho visto, io ve ne parlo gran bene. In primis perché l’attore qui si è messo a scrivere ed a dirigere il progetto, che, voglio dire, son cose. La seconda è che una delle poche pellicole che arginerà la valanga dei cinepanettoni che arriveranno già dal prossimo weekend, ah se arriveranno.

Tra l’altro ha fatto incetta di premi uno persino a Mosca. No dico un film americano premiato a Mosca io non me lo perdo neanche se nevica come nel ’66.

Il trailer visto al cinema prometteva cose buone. Diciamo quattro stars.

Nei Cinema dal 28 Novembre 2008

  1. Palermo Shooting – di Wim Wenders
  2. Solo un padre – di Luca Lucini
  3. BoltUn eroe a quattro zampe – di Chris Williams II
  4. Never Back Down – di Jeff Wadlow
  5. Max Payne – di John Moore
  6. Death Race – di Paul W.S. Anderson
  7. Mario il Mago – di Tamás Almási
  8. Tony Manero – di Pablo Larrain
  9. Strafumati – di David Gordon GreenLe cose in te nascoste – di Vito Vinci
  10. Le cose in te nascoste – di Vito Vinci
  11. Ti stramo – di Pino Insegno, Gianluca Sodaro
  12. Rumore bianco – di Alberto Fasulo
  13. Se chiudi gli occhi – di Lisa Romano

Palermo Shooting

Palermo Shooting

titolo originale: Palermo Shooting
nazione: Germania / Italia
anno: 2008
regia: Wim Wenders
genere: Drammatico
durata: 124 min.
distribuzione: Bim Distribuzione
cast: D. Hopper (Frank) • G. Mezzogiorno (Flavia) • O. Asiedu-Poku (fan) • L. Battaglia (fotografa) • H. Blain (Harry) • Campino (Finn Gilbert) • S. Blomberg (manager) • I. Busch (Karla)
sceneggiatura: W. Wenders • N. Ohler
fotografia: F. Lustig
montaggio: P. Przygodda

Trama: Un fotografo di mezza età in piena crisi esistenziale lascia la natìa Duesseldorf per andare alla scoperta della città di Palermo.

Chi meglio di me sa quanto Wim Wenders ami l’arte della fotografia. Cliccare qui per credere. Il film è stato presentato all’ultimo Festival di Cannes e due settimane fa a Palermo. Anche se, forse e sottolineo forse, non credo siamo al capolavoro, io non me lo perderò per nulla al mondo. Poi c’è Giovanna Mezzogiorno che anche se qualcuno ancora pensa che non sappa recitare troppo bene ancora, però cavoli, almeno s’impegna, ed ha degli occhi che si fanno perdonare tutto. In Notturno Bus con Valerio Mastandrea io l’ho trovata davvero convincente nella recitazione (la coppa colpa l’avrei data, ad esempio, per quella pellicola ma questa è un’altra storia).

Comunque attori e registi che passate di qui ricordatevi che qui si scherza, eh, mi raccomando.

In fondo vi sto a mettere tre quattro stars, mica una per dire. Eh che io ho amato Wim Wenders da sempre. Ci ho il debole c’aggia fa’.

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Solo un padre

titolo originale: Solo un padre
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Luca Lucini
genere: Commedia
durata: 93 min.
distribuzione: Warner Bros
cast: L. Argentero (Carlo) • D. Fleri (Camille) • F. Troiano (giorgio) • C. Pandolfi (Melissa) • M. Gatto (Sofia) • F. Gatto (Sofia)
sceneggiatura: G. Calenda • M. Ravagli • N. Earls
fotografia: M. Archinto
montaggio: F. Rossetti

Trama: La vita di Carlo, dermatologo trentenne, ragazzo padre di una di una bambina di dieci mesi, scorre piuttosto serena e tranquilla grazie soprattutto all’aiuto e all’affetto di genitori e amici. Un giorno, però, l’ordinata esistenza di Carlo viene messa a soqquadro dall’incontro con Camille.

Ok d’accordo non possiamo snobbare questo film solo perché il regista è lo stesso di “Tre metri sopra il cielo“, una delle pellicole milestone del nuovo filone giovanilistico, che tanto denaro frutta ai produttori di cinema italiano. Qui la mia analisi scritta di la’.

Ok d’accordo l’idea del film è buona, è contemporanea, rimette al centro il tema della paternità e non della maternità, un tema poco frequentato dal cinema, anche se La ricerca della Felicità e Anche Libero va bene sono stati degli apripista.

Peraltro segnalo che il film è basato sul romanzo “Le avventure semiserie di un ragazzo padre di Nick Earls” e, scherzi a parte, mi sembra che, anche in questa operazione di adattamento, la pellicola sia da segnalare come un buon lavoro.

Ok lo ammetto Luca Argentero è un attore che si sta mettendo in luce in pellicole originali,  meglio di tante altre, vedi Lezioni di cioccolato di Claudio Cupellini e che fa progressi, nelle sue capacità attoriali, ad ogni film.

Il film ci parla del dolore, del lutto, della morte vera e di quella interiore.

Di abbandoni, di elaborazioni difficili, quelle toste da superare,  ma che ci consentono di maturare e di crescere.

Ma anche di nascite, di rinascite, di un nuovo amore sotto più accezioni del termine.

Di gioie che nascono dai pianti a da pianti che nascono nelle gioie.

Va va anche detto che molte riprese dimostrano che il regista ha colto, con  capacità innovative, la potenzialità di descrivere lo spazio ed il tempo di una storia sfruttando opzioni di narrazione visiva. Di cose che sono nel campo visivo del protagonista, ed, al tempo stesso, nel suo esclusivo campo uditivo.

Ok lo ammetto forse dovrei dare meno di quattro stars, ma il film l’ho visto in sala, è mi è piaciuto assai. Ma proprio assai. Anche la colonna sonora (Giorgia a parte) merita.

Un difetto? Troppo marketing made in Italy, ma ripensandoci meglio, why not?

Certo, va detto, tutti vorremmo essere un po’ belli, romantici, delusi e fighi,  come Argenetero, e, sopratutto, se reduci da lutti  gravi, conoscere una ricercatrice francese psicologa, solare come quella del film,  che accogliesse il nostro dolore e lo trasformasse in amore. Ma si sa nei film funziona così.

Magari un eccesso di sentimentalismo affiora qua e la’, ed in certe sequenze la musica (sopratutto quella dei REM), sovrasta forse un po’ troppo le immagini, ma le letture del regista mi sembrano migliorate direi, più  mature e profonde.

E questo film segna un po’ una svolta nel suo specifico filmico, che ci sembra importante sottolineare. Il racconto si nutre, ora, di risvolti non banali in termini di eventi ed esistenti che lo compongono, e certi peccati veniali si lasciano, pertanto, assolutamente perdonare.

Lei: “Guarda che la mia vita è un casino” Lui: “Anche la mia”. Io: “E la mia allora?” ;)

Bolt

Bolt – Un eroe a quattro zampe

titolo originale: Bolt
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Chris Williams II
genere: Animazione
durata: 96 min.
distribuzione: Buena Vista International
sceneggiatura: C. Sanders • B. Howard
musiche: J. Powell


Trama
: Il cagnolino Bolt (voce di John Travolta nella versione made in USA), protagonista di uno show televisivo di successo, è cresciuto tra riflettori e telecamere ed è convinto di essere dotato di superpoteri. Un giorno, Bolt viene accidentalmente allontanato dal set e, disperato, realizza che la vita reale è ben diversa dalla finzione sullo schermo. Ad aiutarlo nel suo viaggio attraverso l’America per ritrovare la strada di casa dove lo aspetta la padroncina Penny (voce di Miley Cyrus) sarà l’amicizia con Mr. Mittens (voce di Susie Essman), una gatta domestica abbandonata, e con Rhino, un criceto rinchiuso in una palla di plastica e ossessionato dalla TV.

Questo è il classico film di animazione che fa impazzire gli americani e gli amanti del genere. Certo non siamo ai livelli del recente Wall-E, non sognatevelo nemmeno un film bello così. Ma è comunque il film di animazione di dicembre della Walt Disney, che da qualche tempo, però, perde colpi rispetto agli attacchi di una concorrenza sempre più agguerrita.

Ed anche se la Pixar (autrice di Ratatuille e di Wall-E) è oramai virtualmente riunita dalla direzione di un unica mente, rimangono, almeno per il momento, anche per strane questioni legate a brevetti (della Pizar), due entità con anime molto diverse.

E la fusione è il frutto di una strategia commerciale, non certo sinonimo di un’azienda unica. Leggere qui per comprendere meglio.

Io certo cinema, se non siamo a quei livelli, personalmente, non sempre ne sono un estimatore. Ma non ho figli, per dire. O amici che mi danno appuntamenti improbabili per vedere un film a caso … per cui che v’aggia ricere. Tre stars virgola cinque per rispetto degli amanti del genere e tutti a casa. Non al cinema, almeno io. Ecco.

Never Back Down

Never Back Down

titolo originale: Never Back Down
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Jeff Wadlow
genere: Drammatico
durata: 110 min.
distribuzione: Medusa Film
cast: S. Faris (Jake Tyler) • A. Heard (Baja Miller) • C. Gigandet (Ryan McCarthy) • E. Peters (Max Cooperman) • L. Hope (Margot Tyler) • D. Hounsou (Jean Roqua) • W. Smith
sceneggiatura: C. Hauty
musiche: M. Wandmacher
fotografia: L. Ettlin
montaggio: V. Du Bois • D. Weinfeld

Trama: Farris è un ragazzo ‘difficile’ , abituato ad essere conosciuto come una star sportiva. Si trasferisce in un nuovo liceo incontrando molte difficoltà di inserimento tra i suoi compagni. Durante una festa viene sfidato in un combattimento e subisce una pubblica umiliazione. Decide così di allenarsi sotto la guida di Jean Rogua, esperto nel settore dei combattimenti marziali, entrando gradualmente in un mondo fatto di lotte e scontri sotterranei …

Questo film ha vinto un MTV Movie Awards e precisamente il Best Fight che è andato a Sean Faris ed a Cam Gigandet. Detto questo mi sembra d’intravedere nel plot qualcosa di già visto qualche anno fa. Vi ricordate no tutto quel filone di film con quell’attore strappato ad Happy Days, (Ralph Macchio    …     Daniel Larusso n.d.b. =nota del blogger) che affrontava un percorso del genere, peraltro in più film. Qui l’atmosfera sembra anche più cupa. Un ragazzo “difficile”. Ma che vuol dire difficile?

Anche io sono difficile, ecco.

La cosa che però m’incuriosisce di questa pellicola è il fatto che Jeff Wadlow, il regista del film, è anche uno sceneggiatore che con un corto del 2002: “The Tower of Babble” (2002), ha vinto diversi premiucci in giro per festival tra i quali vi evidenzio quello del New York International Independent Film & Video Festival per il Best Short Film.

Anche se in giro non è che mi sembra di vedere grandi aspettative per questo film, io me lo annoto come opera da approfondire, non fosse altro per la stima e la reputazione che di solito concediamo alla gente che lavora in MTV, ok? Tre stars virgola cinque non senza qualche riserva però.

Max Payne

Max Payne

titolo originale: Max Payne
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: John Moore
genere: Drammatico
durata: 100 min.
distribuzione: 20th Century Fox
cast: M. Wahlberg (Max Payne) • B. Bridges (BB Hensley) • D. Logue (Alex Balder) • C. O’Donnell (Jason Colvin) • J. Gordon (Owen Green) • Ludacris (Jim Bravura) • K. Burton (Nicole Horne) • M. Kunis (Mona Sax) • A. Nolasco (Jack Lupino) • O. Kurylenko (Natasha) • R. Gray (Joe Salle) • J. Hector (Lincoln DeNeuf) • A. Friedman (Trevor) • M. Evans (Michelle Payne) • N. Furtado (Christa Balder)
sceneggiatura: B. Thorne
musiche: M. Beltrami
fotografia: J. Sela
montaggio: D. Zimmerman

Trama: Ispirato all’omonimo videogame, il film racconta le gesta del poliziotto Max Payne, che va fuori di testa dopo che gli uccidono la famiglia e che decide di farsi giustizia da solo (finendo braccato sia dagli ex colleghi sia dalla malavita).

Max Payne, come si legge nella trama, è un videogioco che parla di un uomo che non ha niente da perdere. Il vero problema è che esiste già un film del 2001 che porta lo stesso titolo, e che credo sia molto migliore di questo.

Il regista, John Moore, è irlandese ed i suoi film, almeno a me, non dicono poi molto. Vi cito i più recenti: The Omen (2006), Flight of the Phoenix (2004), Behind Enemy Lines (2001). Mi sembra che superino tutti, comunque, appena la sufficienza.

Visto e considerato che i film in uscita sono assai, questa settimana, io liquido questa produzione americana con non più di due stars virgola cinque.

Death Race

Death Race

titolo originale: Death Race
nazione: U.S.A.
anno: 2007
regia: Paul W.S. Anderson
genere: Azione / Avventura
durata: 105 min.
distribuzione: United International Pictures
cast: J. Statham (Jensen Aimes) • I. McShane (Coach) • T. Gibson (Machine-Gun Joe) • J. Allen (Hennessey) • N. Martinez (Case) • R. Shou (14K) • M. Ryan (Pachenko) • J. Clarke (Ulrich) • F. Koehler (Lists) • J. Vargas (Gunner) • J. Mader (Travis Colt) • R. LaSardo (Grimm) • B. Antoine (Primo navigatore) • D. Blanco (Secondo navigatore) • C. Paul (Terzo navigatore)
sceneggiatura: R. Thom • C. Griffith • I. Melchior
musiche: P. Haslinger
fotografia: S. Kevan
montaggio: N. Howie

Trama: Negli Stati Uniti del futuro, i carcerati vengono costretti a competere tra di loro in un’arena automobilistica dove il prezzo della sconfitta è spesso la morte. Frankenstein è un detenuto a poche settimane dal suo rilascio, che viene costretto dalla perfida direttrice del suo istituto penitenziale a prendere parte alla “corsa della morte”. Ma le cose non vanno come previsto per la direttrice, visto che Frankenstein dimostra una grande abilità al volante e diviene un idolo del pubblico delle corse.

Paul W.S. Anderson in questo film ha fatto un po’ di tutto. Dallo scrivere la screen story a partecipare alla stesura della sceneggiatura. Classe 1965 questo autore si è già messo in luce per altre pellicole un po’, come dire, del filone horror action americano.

Non credo che la pellicola rappresenti uno dei capolavori di genere, ma va detto che il regista ha ricevuto qualche attestazione dalla critica vincendo qualche premio qua e là, per esempio per una pellicola del 2004 “Resident Evil: Apocalypse” del quale è produttore, e che è il sequel di un suo altro film come regista “Resident Evil” del 2002.

Che vi devo dire? Secondo il mio parere stiamo di fronte ad un onesto film di genere.

Niente di più ma neanche niente di meno.

Io dico tre stars, anche perché tutte queste stelle e strisce nei nostri cinema mi danno un po’ ai nervi.

Che poi l’oroscopo me lo diceva che oggi dovrei controllare quello che dico. Bah … fate vobis.

Mario il Mago

Mario il Mago

titolo originale: Márió, a varázsló
nazione: Ungheria / Italia
anno: 2008
regia: Tamás Almási
genere: Commedia
durata: 100 min.
distribuzione: L’Altrofilm
cast: F. Nero (Mario) • N. Julia (Veronica) • V. Marsiglia (Gerardo)
sceneggiatura: M. Halász
musiche: L. Dés
fotografia: G. Beck

Trama: Dopo la caduta del muro di Berlino, quando democrazia e capitalismo fanno capolino nei paesi dell’Est, vengono aperti numerosi stabilimenti a basso costo, che sfruttano la manodopera locale. In questo quadro si sviluppa la storia dell’ungherese Veronica e di Mario, l’affascinante imprenditore italiano, la cui venuta nell’Est genera un clima di cambiamenti e di libertà. In tale magia, creata anche dal mistero del bel Mario, rimane ammaliata totalmente Veronica.

Di questo strano film del regista ungherese Tamás Almási che non girava un film dal 2001 non saprei che dirvi. Una cosa è certa in Italia si va a periodi.

Franco Nero, un attore molto capace che per anni ha ahimè latitato le sale per le cosmogonie segrete del cinema italiano che penalizza certi attori a vantaggio di altri, questa settimana esce con ben due film.

Uno è questo ungherese, bello tosto, con un regista che magari in italia nessuno conosce ma che ha invece eccellenti referenze da parte della critica se è vero come è vero che ha vinto diversi awards con diversi suoi lavori, (ad esempio una sua pellicola Szívügyem (1996) se ne è aggiudicati ben due: uno al Karlovy Vary International Film Festival e l’altra al San Francisco International Film Festival).

L’altro è il film parodia di Pino Insegno • Gianluca Sodaro sul cinema giovanilistico italiano di cui parleremo infra (ah se ne parleremo).

Che dire … io concedo a questo film non meno di tre stars virgola cinque per rispetto all’attore ma non so se mi recherò in sala eh.

Tony Manero

Tony Manero

titolo originale: Tony Manero
nazione: Cile / Brasile
anno: 2008
regia: Pablo Larrain
genere: Drammatico
durata: 98 min.
distribuzione: Ripley’s film
cast: P. Lattus • H. Morales • A. Noguera • E. Poblete • A. Castro (Raúl Peralta)
sceneggiatura: P. Larrain • M. Iribarren • A. Castro
fotografia: S. Armstrong
montaggio: A. Chignoli

Trama: Santiago del Cile, 1979. Raùl Peralta è ossessionato da Tony Manero, il personaggio interpretato da John Travolta nel film ‘La febbre del sabato sera’, a cui ad ogni costo vuole assomigliare; mette in scena uno spettacolo di danza in un night-club di periferia e ogni sabato sera, imitando il suo idolo, dà libero sfogo alla sua passione per la disco-music …

Questo film mi lascia davvero interdetto.

Quando ho letto il plot non ci volevo credere.

Prendere in mano un personaggio quasi epico come Tony Manero da parte di una produzione clieno brasiliana mi lascia, come dire, perplesso? Sembra più una burla che la verità, no?

Però poi.

Ti rendi conto che Pablo Larrain è un regista e sceneggiatore che si è già messo in luce per un altro film del 2006: “Fuga” che ha vinto qualche premio in giro per festival ed anche quello che ho letto a proposito del film mi fa un po’ ricredere.

Questi latino americani sono strani, creativi, vanno a ricercare storie in ambiti particolari.

Rendo noto che anche che uno degli attori, Alfredo Castro, è tra i coautori della sceneggiatura, insieme ad un altro attore Mateo Iribarren, che ha recitato nel film “Fuga” sopracitato.

(Via ANSA) – TORINO 29 NOV – Come da pronostico,’Tony Manero‘ del regista cileno Pablo Larrain e’ stato premiato come miglior film della 26/a edizione del Torino Film Festival. Il film narra la storia di un disoccupato innamorato di John Travolta nel film ‘La febbre del sabato del sera‘ e che sogna di interpretarlo in un film prodotto in Cile. Premio speciale della giuria al film americano ‘Prince of Broadway‘; la pellicola racconta la storia di un ghanese che cerca di sopravvivere vendendo merce taroccata per le vie di New York.

Tutte queste strane ragioni mi fanno propendere nella decisione di archiviare questa pellicola drammatica come un film da non sottovalutare.  Tre stars virgola cinque.

Sfrantuati

Strafumati

titolo originale: Pineapple Express
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: David Gordon Green
genere: Commedia
durata: 111 min.
distribuzione: Sony Pictures
cast: J. Franco (Saul Silver) • D. McBride (Red) • K. Corrigan (Budlofsky) • C. Robinson (Matheson) • G. Cole (Ted Jones) • R. Perez (Carol) • N. Dunn (Shannon Anderson) • A. Heard (Angie Anderson) • S. Rogen
sceneggiatura: S. Rogen • E. Goldberg

Trama: Disavventure di due amici “fumati”: uno dei due assiste ad un violento omicidio proprio mentre si sta fumando una canna e si ritroveranno a dover scappare sia dai poliziotti che dai criminali.

Non so che dire di questa Comedy | Crime | Thriller, americana.

Noto che al pubblico stanunitense il film è piaciuto più di quanto mi aspettassi.

Segnalo che il regista, David Gordon Green, ha vinto ben otto premi e si è guadagnato 17 nominations per diverse sue opere, anche come sceneggiatore di storie originali (cioè quelle nate direttamente per il cinema).

Segnalo che la pellicola è stata il frutto della collaborazione di bene due sceneggiatori e tre coautori del soggetto originale.

Come dire, che anche dietro un titolo così pedestremente tradotto dal marketing italiano ci può essere qualcosa di più che non un film qualunque come il titolo italiano e mi ripeto lascerebbe credere.

E diciamo anche che l’attrice Elizabeth Banks merita fose una visione del film.

Tre stars virgola cinque … ma come sono buono oggi, dovrei forse essere più severo con questo film, lo so.

Le cose nascoste

Le cose in te nascoste

titolo originale: Le cose in te nascoste
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Vito Vinci
genere: Drammatico
durata: 80 min.
distribuzione: A.B. Film Distributors
cast: L. Mornar (Chiara) • L. Iacuzio (Fabrizio) • E. Bouryka (Ada) • G. Izzo (Riccardo) • F. De Sapio (barbona) • F. Trevisi (Alfredo)
sceneggiatura: D. Pappalardo • V. Vinci
musiche: Lisma Project
fotografia: A. Gelsini Torresi
montaggio: I. Fraioli • F. Bracci

Trama: Fabrizio, un uomo con un lavoro precario, e Chiara, una ragazza borghese, commessa in un negozio d’abbigliamento, s’incontrano per caso in farmacia la sera di un grande acquazzone. Tra i due nasce una passione che pericolosamente s’intreccerà alle loro vite. Fabrizio è sposato con Ada e la sua vita è fatta tutta del suo tenero e tormentato amore per lei. Un amore complicato …

Presentato al Roma Film Festival questo è il secondo film del regista Vito Vinci, in pratica un piccolo film d’autore indipendente che affronta temi di grande attualità quali il precariato, la crisi economica e il dilagante disagio esistenziale che ne deriva.

Tratto dal soggetto Fiammante di Davide Pappalardo, il plot era tra i finalisti del Premio Solinas 2001.

La pellicola arriva nelle sale a due anni di distanza dall’uscita di Sandra Kristoff (vincitore del Premio come Miglior Film esordiente al Festival del Cinema Europeo 2006).

Pur essendo un’opera seconda la stessa rappresenta, però, il primo lungometraggio del regista e sceneggiatore Vito Vinci che insiste, con il grande schermo, e con il dramma esistenziale, dopo l’esperienza teatrale de “Le mani forti” (liberamente ispirato alla tragedia di Novi Ligure) e dopo essersi occupato, per anni, di musica, curando gli speciali radiofonici dei più grandi concerti italiani di musica pop.

Il film è stato girato con un budget di circa 500 mila euro ed in soli 20 giorni di lavorazione, che, voglio dire, son cose.

Noi lo incoraggiamo con tre stars virgola cinque.

Curiosità il film verrà distribuito nel cosidetto circuito off.

Saremo più precisi domani al riguardo.

Significa che è uscito solo in due sale e precisamente:

DEI PICCOLI (ROMA)

Viale  della Pineta 15 Tel. 06/8553485
20:30 22:00

FILMSTUDIO (ROMA)

Via degli Orti d’Alibert, 1/C  Tel. 06/68192987
16:30 18:30 20:30 22:30

Ti Stramo

Ti stramo

titolo originale: Ti stramo
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Pino Insegno • Gianluca Sodaro
genere: Commedia
durata: n.d.
distribuzione: Mikado Film
cast: M. Rulli (Stram) • P. Insegno (Extramarcio) • S. Pinto (Tacchino) • E. Aurizi (Robertina) • U. D’Onorascenzo (Didi) • A. Cossio (Fabiana) • N. Angeloni (Sandra) • A. Bardani (Stefano) • F. Biancospino (Tin) • A. Sansone (Ricky) • M. De Angelis (Alex) • D. Paganini (Jack) • F. Arienzo (Dj) • T. Battaglia (Giuggiola) • M. Vannucci (Mauro)
sceneggiatura: F. Draghetti
musiche: G. De Angelis • M. De Angelis
fotografia: M. Trevis
montaggio: G. Amicucci

Trama: Un film parodia delle pellicole giovanilistiche e/o romantiche come “Ho voglia di te”. Il film racconta la storia di Stram, un bulletto di periferia, del suo amico Tacchino, e della storia d’amore con la sfigata Bambi.

Era ora che qualcuno girasse questo film.

Gli darei 5 stars a priori.

Mi vedo costretto a rimanere più basso per ovvie ragioni, ma questo potrebbe essere davvero il film di Natale finalmente intelligente.

Va anche detto che Pino Insegno è un personaggio particolare, multiforme, poliedrico, persino inquietante per certe sue frequentazioni (si scherza eh Pino … e sai anche a chi mi riferisco), ma come doppiatore italiano, ad esempio, è tra i più bravi e preparati, per dire.

Insomma un personaggio come Extramarcio lo stavo aspettando da qualche anno. Eh si.

rumore bianco

Rumore bianco

titolo originale: Rumore bianco
nazione: Italia / Svizzera
anno: 2008
regia: Alberto Fasulo
genere: Documentario
durata: 90 min.
distribuzione: Tucker Film
sceneggiatura: A. Fasulo
musiche: R. Spagnol
fotografia: A. Fasulo
montaggio: J. Nakajima • F. Nunziata

Trama: Documentario dedicato al fiume Tagliamento, che scorre lungo una terra di frontiera in cui si incrociano silenzi intensi e vitalità sommerse.

Lungo una terra di frontiera in cui si incrociano silenzi intensi e vitalità sommerse, scorre il Tagliamento, il “Re dei fiumi alpini”.

Vera e proria spina dorsale di una regione che è stata snodo e crocevia nella storia d’Europa, il fiume è il protagonista di un racconto che indaga la forza della natura e le sue possibilità di resistenza, la quotidianità degli uomini e delle donne, e le loro forme di ostinazione, perché “l’acqua è provvista di memoria“.

La pellicola è il documentario del giovane autore indipendente Alberto Fasulo dedicato al fiume Tagliamento e ripercorre il suo viaggio partendo da quattro città del nord, Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone, per poi approdare nel resto del paese.

Il film dopo essere stato accolto molto bene al Festival dei Popoli di Firenze e aver emozionato la platea friulana nell’anteprima al Visionario di Udine, inizia la sua scommessa e si propone coraggiosamente al pubblico nei cinema di tutta Italia.

La pellicola è il frutto di una coproduzione italo svizzera che coinvolge FaberFilm, Wildside Media e la RTSI Televisione Svizzera, che presto trasmetterà il documentario, in collaborazione con La Cineteca del Friuli.

Un contributo fondamentale è stato inoltre dato dal Protocollo d’intesa Rumore Bianco, formato dai quaranta comuni rivieraschi che vivono sul fiume.

A distribuirlo sarà un nome nuovo, la società Tucker Film, formata dall’unione di due associazioni culturali poste sulle due sponde del fiume Cinemazero e del Centro Espressioni Cinematografiche e nata proprio per la necessità e la convinzione di portare al cinema “Rumore Bianco” e iniziare così una nuova attività distributiva e produttiva.

Io dico che ce n’è bisogno in Italia d’iniziative del genere e salutiamo questo film con molto interesse e simpatia.

A chi piace il genere documentario lo consiglio. A Roma non è uscito in nessun cinema. Tristezza.

Se chiudi gli occhi

Se chiudi gli occhi

titolo originale: Se chiudi gli occhi
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Lisa Romano
genere: Drammatico
durata: 90 min.
distribuzione: A.B. Film Distributors
cast: G. Di Rauso • A. Foglietta • N. Frassica • M. Gunsur • I. Oliva • A. Bystrova • Y. Joyce • G. Jelo • T. Catanzaro • E. La Pira
sceneggiatura: L. Romano
musiche: R. Paci
fotografia: S. Paradiso
montaggio: G. Pagano

Trama: Veronica, giovane single con un figlio adolescente, è alla guida di un’auto su una strada lungo il mare: una macchina sbanda, invade la sua corsia, rompe la barriera e finisce in mare. Lei reagisce, istintivamente, andando avanti senza fermarsi. L’uomo alla guida finisce in coma all’ospedale. Da quel momento la vita di Veronica prende una piega inaspettata …

Di questa Lisa Romano si sa davvero poco. Credo che abbia girato un corto nel 2004 dal titolo “Non ci sarebbe niente da fare!”

Il plot mi sembra interessante. La storia mi sembra di vaga ispirazione noir, anche se Italia i noir non li sappiamo fare. Però girare un film drammatico all’esordio come regista di cortometraggi mi sembra un’inziativa lodevole.

Molti nomi nuovi e questo vivaddio lo vedo come un punto a favore della pellicola. una casa di distribuzione diversa dalle solite.

Segnalo la partecipazione a festival:

  • ANNECY CINEMA ITALIEN 2008: Grand Prix Annecy Cinèma Italien
  • FESTIVAL DU FILM ITALIEN DE VILLERUPT 2008: In Concorso

Insomma ci sembra di poter dire che questo film getti una luce nel buio paludoso e limaccioso del cinema italiano.

E poi a me l’idea di investire in Nino Frassica come attore drammatico mi piace. Tre stars virgola cinque d’incoraggiamento.

A cura di cinemavistodame

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I film in uscita dal 21 novembre 2008

L’anteprima

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Palermo Shooting

titolo originale: Palermo Shooting
nazione: Germania / Italia
anno: 2008
regia: Wim Wenders
genere: Drammatico
durata: 124 min.
distribuzione: Bim Distribuzione
cast: D. Hopper (Frank) • G. Mezzogiorno (Flavia) • O. Asiedu-Poku (fan) • L. Battaglia (fotografa) • H. Blain (Harry) • Campino (Finn Gilbert) • S. Blomberg (manager) • I. Busch (Karla)
sceneggiatura: W. Wenders • N. Ohler
fotografia: F. Lustig
montaggio: P. Przygodda

Trama: Un fotografo di mezza età in piena crisi esistenziale lascia la natìa Duesseldorf per andare alla scoperta della città di Palermo.

Chi meglio di me sa quanto Wim Wenders ami l’arte della fotografia. Cliccare qui per credere. Il film è stato presentato all’ultimo Festival di Cannes e la settimana scorsa a Palermo. Anche se non credo siamo al capolavoro io non me lo perderò per nulla al mondo.

Nei Cinema dal 21 Novembre 2008

  • Nessuna verità – di Ridley Scott
  • Rachel sta per sposarsi – di Jonathan Demme
  • Galantuomini – di Edoardo Winspeare
  • Qualcuno con cui correre – di Oded Davidoff
  • Twilight – di Catherine Hardwicke

Nessuna Verità

Nessuna verità

titolo originale: Body of Lies
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Ridley Scott
genere: Drammatico
durata: 128 min.
distribuzione: Warner Bros
cast: L. Di Caprio (Roger Ferris) • R. Crowe (Ed Hoffman) • M. Strong (Hani) • G. Farahani (Aisha) • O. Isaac (Bassam) • A. Suliman (Omar Sadiki) • A. Abutbul (Al-Saleem) • V. Colosimo (Skip) • S. McBurney (Garland) • M. Nebbou (Nizar) • M. Gaston (Holiday) • K. Nashif (Mustafa Karami) • J. Khoury (Marwan) • L. Azabal (Cala) • G. Benlafkih (Rowley) • W. Monahan
musiche: M. Streitenfeld
fotografia: A. Witt
montaggio: P. Scalia

Trama: Tratto dall’omonimo romanzo del giornalista americano David Ignatius, il film ambientato in Giordania vedrà un agente della CIA (DiCaprio) sulle tracce di uno dei leader dell’organizzazione criminale guidata da Osama Bin Laden.

Qui non ho margini di scuse. Ho visto il trailer, anche al cinema. Conosco e stimo il regista. Il mitico Ridley Scott. Vogliamo parlare degli attori, anche se ultimamente hanno fatto scelte un po’ diverse ammettiamolo pure ma insomma un duo del calibro di Leonardo Di Caprio e Russel Crowe e potremmo segnalare anche l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, ma voglio dire. Il problema forse non è questo.

Intendiamoci quando esce un film del maestro che ci ha fatto sognare con tante sue pellicole, e con Balde Runner, che rimane uno dei 100 film da salvare, difficilmente così tanto, bisognerebbe andare in sala a priori. Ma il fatto è che nelle ultime sue cose il vecchio Ridley non è che ci abbia convinto più di tanto …

Godetevi il trailer in rete … io sono incerto tra le 4 e le 3,5 stars. Ma direi, e me ne pento e me ne dolgo, non più di 4.

Intrighi, tradimenti, non tutto è chiaro. Un film che ha sicuramente intenzioni più nobili della riuscita.

Ma l’America, la cara, vecchia, amata e odiata, America è dentro questi problemi e noi non possiamo più ignorarli. Il film è drammatico e c’è da riflettere anche su questa catalogazione.

Ma non siamo al capolavoro ho paura. Magari mi sbaglio però. Dovrei essere più severo, lo so.

Rachel sta per sposarsi

Rachel sta per sposarsi

titolo originale: Rachel Getting Married
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Jonathan Demme
genere: Commedia
durata: 116 min.
distribuzione: Sony Pictures
cast: A. Hathaway (Kym) • R. DeWitt (Rachel) • M. Zickel (Kieran) • B. Irwin (Paul) • A. Deavere Smith (Carol) • A. George (Emma) • D. Winger (Abby)
sceneggiatura: J. Lumet
musiche: Z. Tawil • D. Harrison Jr.
fotografia: D. Quinn
montaggio: T. Squyres

Trama: Kym Buchmann torna a casa per il matrimonio di sua sorella Rachel. Ragazza dalla lingua tagliente e dai modi esuberanti, Kym, con i suoi atteggiamenti aggressivi e le reazioni esagerate fa riemergere conflitti familiari sopiti da tempo, trasformando quello che doveva essere un piacevole fine settimana di festeggiamenti tra amici e parenti in un condensato di tensioni e crisi personali.

Un’attrice americana Jenny Lumet [Dodgeball (1995) … Claudette Mitty, Assassination (1994) …. Stephanie Merrin, Q & A (1990) … Nancy Bosch/Mrs. Bobby Texador] sceneggiatrice del film,  un regista di talento Jonathan Demme [The Manchurian Candidate (2004)].

Una nomination per lui per il Leone d’oro a Venezia 65 per la regia di questo film.

Per accentuare la sensazione di prossimità ai personaggi, so che Demme ha scelto opzioni registiche agili e nervose che pare vogliano rendere conto, del matrimonio di Rachel, dei mille sguardi puntati sull’evento attraverso l’intermediazione delle telecamerine digitali degli invitati.

Ma questa naturalezza, che appare così fugace e libera, pare sia il frutto di una partitura visiva calcolata e implacabile, orchestrata dal regista e montata con maestria da Tim Squyres, già autore del montaggio di Lust, Caution, Leone d’Oro a Venezia 64 giusto un anno fa, ma anche di Gosford Park di Altman, qui omaggiato nei titoli di coda.

Lo stile e le delicate tematiche ritratte in Rachel Getting Married pare rievochino il genio infatti proprio di quell’esplorazione antropologica che Robert Altman (ma anche Cassavetes) ha portato avanti nel corso della propria carriera e che gli ha concesso di lasciarci un patrimonio di immagini e interpretazioni prive di filtri.

Degno di annotazione il ritorno sugli schermi italiani di Debra Winger un’attrice che a noi è sempre piaciuta molto. Indimenticabile la sua interpretazione ne “Il The nel deserto” del maestro Bernardo Bertolucci.

E se fosse questa la pellicola da non perdere del weekend?

3 stars virgola cinque quasi 4.

Galantuomini

Galantuomini

titolo originale: Galantuomini
nazione: Italia
anno: 2007
regia: Edoardo Winspeare
genere: Drammatico
durata: 100 min.
distribuzione: 01 Distribution
cast: D. Finocchiaro (Lucia) • F. Gifuni (Ignazio) • B. Fiorello (Infantino) • G. Colangeli (Carmine Za’) • G. Spaziani (Laura) • M. Prayer (Barabba) • L. Probo (Fabio) • A. Carluccio (Donato) • F. Ponzo (Rocco) • A. Perrotta (Claudio) • C. Giangreco (Pino) • L. Nicolì (Biagio)
sceneggiatura: E. Winspeare • A. Piva • A. Valenti
musiche: G. Rampino
fotografia: P. Carnera
montaggio: L. Benedetti

Trama: Ignazio e Ada si conoscono sin dall’infanzia. Sono cresciuti insieme, ma la loro diversa estrazione sociale nel tempo li ha divisi. Lui, figlio dell’alta borghesia dei ‘galantuomini’, è diventato magistrato; lei, figlia di contadini, si è data alla malavita ed è ora a capo di una organizzazione criminale. Una serie di eventi porterà Ignazio e Ada ad un forzato riavvicinamento …

Qui siamo alla quarta e forse ancora più matura opera di un regista a cui guardo da tempo con stima e ammirazione.

In una festa a Lecce nella quale lo incontrai al termine delle riprese del film Edoardo mi parlò di un film sulla legge. E più precisamente del valore estetico della legge.

Era molto stanco, ma mi sembrava molto soddisfatto del lavoro svolto.

Il film è stato presentato in anteprima al recente Roma Film Festival dove Donatella Finocchiaro si è meritatamente conquistata il Marco Aurelio d’oro come migliore attrice protagonista. Che non è né il Leone né la Palma, ma è pur sempre un premio ambito.

Io direi 3 stars virgola cinque e film da annotare con grande attenzione.

Il Regista
Edoardo Winspeare è nato nel Salento. Ha studiato Lettere all’Università di Firenze per poi seguire i corsi della Munich Film Academy. Ha esordito alla regia, grazie ai finanziamenti raccolti tramite amici e conoscenti che credevano in lui, con il lungometraggio “Pizzicata“, che ha riscosso un buon successo in numerosi festival internazionali. Grazie al produttore Tore Sansonetti, ha realizzato “Sangue vivo“, sempre ambientato in Puglia, ed “Il miracolo“, pellicola ambientata nella magica città di Taranto, quest’ultimo presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2003. Con la Saietta Film, ha prodotto i due film collettivi “Sale” (2002) e “A Levante” (2003), del quale abbiamo già segnalato qui.

Qualcuno con cui correre

Qualcuno con cui correre

titolo originale: Mishehu Larutz Ito
nazione: Israele
anno: 2007
regia: Oded Davidoff
genere: Drammatico
durata: 118 min.
distribuzione: Medusa Film
cast: B. Belfer (Tamar) • Y. Bar-Or (Asaf) • Y. Mendelson (Shai) • R. Matatov (Shelly) • T. Grad (Pesach) • D. Steg (Tzahi) • N. Polani (Theodora)
sceneggiatura: N. Stollman
musiche: R. Shem-Tov
fotografia: Y. Scharf
montaggio: R. Omer

Trama: Ad Assaf, un ragazzo di sedici anni, viene affidato un compito singolare: mettersi alla ricerca della padrona di un cane, col quale si ritrova a correre per le strade di Gerusalemme attraverso luoghi spettacolari e pericolosi allo stesso tempo, in un crescendo fiabesco e drammatico dove trovano posto, anche fra molte crudezze, i temi della famiglia, dell’amore e dell’amicizia.

Questo film israeliano ha fatto una vera e propria incetta di nomination al Awards of the Israeli Film Academy dove si è aggiudicato anche un premio per il migliore attore non professionista: Tzahi Grad.

Non solo ma anche al Miami Film Festival si è aggiudicato due importanti premi:

  • il Grand Jury Prize a Bar Belfer per la sua originale ed impeccabile perfomance;
  • lo Special Jury Award sempre a Bar Belfer.

Il film è passato con un certo successo anche all’ultimo Giffoni Film Festival.

Lo segnaliamo alla vostra attenzione con non meno di tre stars virgola cinque, ma si.

Twilight

Twilight

titolo originale: Twilight
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Catherine Hardwicke
genere: Horror
durata: 110 min.
distribuzione: Eagle Pictures
cast: K. Stewart (Bella Swan) • R. Pattinson (Edward Cullen) • T. Lautner (Jacob Black) • B. Burke (Charlie Swan) • P. Facinelli (Dr. Carlisle Cullen) • E. Reaser (Esme Cullen) • N. Reed (Rosalie Hale) • A. Greene (Alice Cullen) • J. Rathbone (Jasper Hale) • K. Lutz (Emmett Cullen) • C. Gigandet (James) • E. Gathegi (Laurent) • R. Lefevre (Victoria) • A. Kendrick (Jessica Stanley) • C. Serratos (Angela Weber)
sceneggiatura: M. Rosenberg
musiche: C. Burwell
fotografia: E. Davis
montaggio: N. Richardson

Trama: Il film racconta la storia di Bella Swan, che segue il padre nella cittadina di Forks. Qui conoscerà Edward Cullen, un bel ragazzo di cui ben presto si innamorerà, nonostante costui sia un… vampiro, destinato a restare per sempre diciassettenne. La situazione si fa ancora più dura quando in città arrivano altri vampiri, ma non così “calmi” come Edward …

Qui siamo all’oramai inevitabile horror settimanale.

Come una purga, anche questa volta, ci tocca scrivere di film di cui sinceramente non ci interessa poi un gran che, né immagino lascerà una traccia nella storia del cinema americano di genere.

La regista Catherine Hardwicke è forse più da ricordare come Production Designer per pellicole come SubUrbia (1996) o Vanilla Sky (2001), che come come regista tout court, anche se di The Nativity Story (2006) acquistai il DVD.

Come direttrice di film horror i miei dubbi li paleso con due stars.

Oh si certo gli amanti della saga bramano per la visione di questa pellicola, che esce in ben 600 sale in Italia. Ho letto che spariscono persino le locandine, giuro. E allora? Sono felice per voi, ok?

Alla prossima.

A cura di cinemavistodame.

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I film in uscita dal 21 novembre 2008

Anche se Rachel sta per sposarsi

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donatella-finocchiaro-e-fabrizio-gifuni-in-un-immagine-del-film-i-galantuomini da te.

debra-winger-in-una-scena-del-film-rachel-getting-married da te.

Non sai che scegliere questo weekend al cinema?

Forse neanche noi.

Non è vero.

Cinemavistodame 2 sa sempre cosa fare.

Ed è felice del ritorno di Debra Winger.

Il nuovo numero è qui. Clicca.

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Changeling – di Clint Eastwood

U.S.A. – 2008

analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo

Chanchelling

Changeling (The Exchange)

titolo originale: Changeling (The Exchange)
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Clint Eastwood
genere: Thriller
durata: 140 min.
distribuzione: Universal Pictures
cast: A. Jolie (Christine Collins) • J. Malkovich (Reverendo Briegleb) • A. Ryan (Amica di Christine) • J. Butler Harner (Gordon Northcott) • J. Donovan (Capitano J.J. Jones) • M. Kelly (Detective Lester Ybarra)
sceneggiatura: J. Straczynski
fotografia: T. Stern
montaggio: J. Cox

Sinossi: Il film è tratto da una storia vera ambientata negli Anni Venti. Una madre sospetta che la persona, restituitale dopo un rapimento, non sia veramente suo figlio. Quando la donna esprime alla polizia i suoi sospetti viene spedita in un centro psichiatrico di recupero mentale. il film descrive la battaglia legale e psicologica di questa donna per fare trionfare la giustizia, grazie all’aiuto di un pastore della chiesa presbiteriana di St. Paul, in una Los Angeles governata da una Polizia violenta e corrotta.

§§§

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In questo post:

1. Circa gli eventi e gli esistenti del film
2. La lezione di Cinema di Clint Eastwood

2.1. Tumulto e dilatazione
2.2. Il point of conentration di Eastwood e degli esistenti di Changeling
2.3. il deus ex machina dell’impianto narrativo: L’amore di una madre

3. Clint Eastwood l’ultimo grande regista classico di Holliwood

1. Circa gli eventi e gli essitenti del film

Ricordo anni fa di avere letto un racconto di Dino Buzzati.

la-boutique-del-mistero

Era tratto dalla Boutique del mistero. Me lo lesse mia madre, chissà forse è per questo che me lo ricordo e che questo film mi ha commosso così tanto.

S’intitolava “L’uovo“.

La trama era più o meno questa.

Pagando 20.000 lire un bambino può partecipare a una gigantesca caccia all’Uovo, prendendo tutte le uova che riusciva a prendere. Una cameriera decide di far andare anche sua figlia a questa caccia all’uovo, anche se non aveva i soldi per pagare l’entrata. L’inganno viene però scoperto, si sottrae l’uovo alla bambina e si arresta la madre perché aveva insultato una patronessa della Croce Viola Internazionale. La forza di volontà di quella madre, violentemente separata dalla propria figlia, è tale che i poliziotti e la patronessa cadono morti solo perché la donna vuole così. A nulla valgono tutte le armi o le costrizioni: alla fine alla bambina viene restituito un uovo come quello che gli era stato ingiustamente sottratto.

Voi direte, giustamente, cosa c’entra questo racconto con Changeling.

Forse niente ma a me è venuto in mente per un motivo molto semplice.

Esiste una forza soprannaturale che non può impedire ad una madre di subire una ingiustizia nei confronti del proprio figlio.

E’ questo che accomuna queste due storie.

E’ questo che commosse il mio cuore di bambino ed è questo che ha commosso quella parte del mio cuore che proprio non ce la fa a crescere.

E’ quella parte che rivive quando quasi per cosmogonie segrete si ritrova ad assistere ad un film.

Se poi il film è quello che ho visto ieri all’Eden girato da uno degli ultimi maestri del cinema di Holliwood, uno che ha capito come si narrano le storie al cinema, uno che cura i suoi progetti tanto con il cuore, quanto con la pancia, quanto con il cervello, mai separando queste matrici ma al contrario fondendole tutte in un unico mainstream geniale, toccante, commovente, drammatico, disperato, ingiusto, ed al tempo stesso, esaltante, mistico, trionfante, catartico ed anche denunciante, capirete che quello di cui vi sto parlando è un vero e proprio capolavoro.

Perché Eastwood è ancora uno di quelli che da una storia vera è capace di tirare fuori un film d’epoca. Come non rimanere affascinati, ad esempio, dall’enorme centralino di commutazione, dove la capoturno Angelina Jolie si muove tra le centraliniste con la leggiadria dei pattini ed, al tempo stesso, con l’occhio sempre vigile della madre, di colei che si prende cura tanto dei clienti quanto delle sue dipendenti?

Chengeling, un termine coniato apposta per descrivere questi orribili scambi di persona, o, peggio, di bambini che accadevano e che forse accadono ancora oggi ahimé, è un film che ti assale su diversi fronti emozionali. Al principio ad esempio con la sua mostruosa crudeltà. Che ti scaraventa nell’impotenza più disperante di una donna che perde suo figlio e che viene ingiustamente perseguitata da una polizia corrotta.

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Fino al punto di finire, senza alcuna perizia psichiatrica, ma solo per ordine di un sedicente inquirente, nelle cure di un reparto psichiatrico condotto dal perfido Dr. Jonathan Steele, un luogo che rievoca lo spettro della tortura ingiusta ed ingiustificata. Da quelle perpetrate dai nazisti contro gli ebrei nei campi di concentramento, a tutte le altre forme d’ingiustizia sinonimo di ferocia, di follia, di vigliaccheria, di perdita totale del rapporto con la realtà che solo negli ambienti dove alligna la dittatura si riesce a mettere in campo come se quel male non avesse luogo, non avesse punizione, non fosse una cosa deplorevole.

Il paradosso della realtà è che una polizia corrotta l’agente di simili abomini, che solo il coraggio del reverendo presbiteriano Briegleb combatte da una stazione radio.

Ma, come nell’uovo di Buzzati, ecco che anche nel film di Clint Eastwood il cuore ferito di una madre non può essere così facilmente sottomesso.

E qui inizia la parte più entusiasmante per lo spettatore che dopo essere sceso negli inferi della corruzione, e della più bieca e malvagia incompetenza, si ritrova ad ascendere, in un crescendo quasi wagneriano di colpi di scena, di nuove crisi e nuovi climax, si troverà scaraventato in un susseguirsi progressivo ad un vero e proprio e clamoroso ribaltamento dell’equilibrio delle forze in campo.

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Ed ecco allora che il migliore avvocato della città, grazie all’intercessione del reverendo Briegleb, riesce prima a fare scarcerare tutte le donne prigioniere degli aguzzini del reparto psichiatrico, che ivi marciscono a volte per molti anni in virtù di un fantomatico codice 12 (una norma abominevole quasi quanto la sua arbitrarietà, che concedeva poteri straordinari agli ispettori di Polizia inquirenti), e poi ad organizzare addirittura un processo contro la Polizia di Los Angeles, per fare valere le sacrosante ragioni di Christine Collins.

Parallela a questa sequenza di eventi, quasi a confondere le acque etiche della narrazione, Eastowood di racconta l’altra faccia della Polizia, quella che, nonostante le difficoltà di un contesto corrotto, si sforza di fare con coraggio e con impegno, il suo onesto dovere, oserei dire quasi suo malgrado.

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Un detective, forse impaurito ma sicuramente coraggioso e competente, indaga su un minore che deve essere espatriato. Vive in un ranch insieme ad un suo cugino: Gordon Northcott.

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Si, il folle, colui che in quegli anni balzò agli onori, anzi ai disonori delle cronache, per i plurimi ed efferati omicidi omicidi nei confronti di minori.

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Ora il caso vuole che il detective buono, scopra che tra queste vittime innocenti c’è Walter Collins anche il figlio di Christine Collins.

E l’inizio della fine dell’incubo, anche se un’altra dura prova attende Christine Collins: il processo contro il potenziale omicida di suo figlio.

Un processo senza alcuna speranza viste le prove schiaccianti che culminerà con l’impiccagione dell’assassino. Forse ho raccontato anche troppo ma l’ho ritenuto necessario per portare a compimento questa analisi.

2. La lezione di cinema di Clint Eastwood

Quando feci il corso di sceneggiatura alla Fandango, m’insegnarono una cosa molto semplice, in apparenza.

Mi dissero.

Il film, la sua storia, deve essere riassumibile in una sola frase.

E’ incredibile come Eastwood dimostri che un film che dura ben 140 minuti osservi questa solo apparentemente banale regola.

Non racconta forse Changeling:

La storia di una madre, che perde suo figlio, e che si ribella alla corrotta Polizia di Los Angeles, che gli riconsegna un bambino che non è suo figlio, fino a fare valere le sue ragioni?

In realtà le cose non stanno proprio così. Eastwood come tutti i maestri del cinema Holliwoodiano è bravissimo nel portare avanti con una storia molte altre storie.

Cerchiamo di capire meglio le strategie di storia e discorso adottate. A mio mdo di vedere gli artifici narrativi vanno in due direzioni.

2.1. Tumulto e dilatazione

Un tumultuoso susseguirsi di eventi nella prima fase della storia.

Un allargamento di certi momenti della narrazione senza peraltro la minima esagerazione. Lo spettatore non se ne accorge. Lui vuole gustarsi quella dilatazione di quella parte della storia ne ha bisogno.

Ma dentro la catarsi Eastwood inserisce un elemento di drammaturgia ulteriore.

La pena di morte.

La barbarie nella barbarie. (Eastwood la mette di proposito ed è una chicca in un film già perfetto).

So che alcuni critici, forse troppo severi, o forse semplicemente troppo distratti, hanno accusato Eastwood di mettere troppa carne al fuoco, e di concludere la sua storia come in una sorta di struttura ad estuario in cui il finale si disperderebbe in più direzioni, perlatro in apparente contraddizione tra loro.

2.2. Il Point of conentration di Eastwood e degli esistenti di Changeling

Niente di tutto questo.

Eastwood non abbandona mai il suo point of concentration registico. Come non consente di abbandonarlo a nessuno dei suoi esistenti.

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Non lo consente al bugiardo Detective Lester Ybarra, che manterrà il punto fino a farsi espellere dal corpo della Polizia.

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Non consentirà di farlo abbandonare al Reverendo Briegleb, che continuerà, per tuta la vita, a denunziare i soprusi della Polizia di Los Angeles.

Ma soprattutto non consentirà di farlo fare a lei, a Christine Collins, il vero eroe per caso, demiurgico del film,che, con commovente ostinazione, continuerà a cercare il figlio tutta la vita.

Eastwood non abbandona il suo point of conentration perchè a lui non interessa, solo, la storia di Christine. Lui non fa un film solo per una verità, dentro questa verità inserisce altre verità, tutte altrettanto importanti. Non si ferma ad una ingiustizia, tenta sempre di farci comprendere le altre ingiustizie che troppo più spesso si compiono nel nome di una finta giustizia, ed in questo il suo cinema rimane, indiscutibilmente, mistico.

Abbiamo molto bisogno, in questo momento così difficile della storia dell’umanità, di comprendere queste dinamiche duali.

Questo doppio che sempre l’etica si porta dietro.

Questa sorta di ambivalenza.

Ma il vero gigante dell’opera di Eastwood a guardare bene, quell’uno al di sopra del bene e del male, non è il Dio invocato dal pastore presbiteriano.

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Capace di operare lentamente ma inesorabilmente. No.

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2.3. Il deus ex machina dell’impianto narrativo: L’amore di una madre

Il vero deus ex machina del racconto, è l’ancestrale ed irrefrenabile forza che si cela nell’amore di una madre verso suo figlio.

Il film si chiude con una scena che avevo giudicato male, ma che adesso mi si svela in tutta la sua grandiosità.

E’ racchiusa nella frase che Christine Collins dice al detective buono, nella sequenza finale del film.

“Stasera ho una cosa che ieri non avevo: la Speranza.”

E Dio solo lo sa di quanto ne abbiamo bisogno.

E chi dice che Angelina Jolie non merita l’Oscar, proprio nel momento in cui sta per dare alla luce un nuovo figlio, non conosce questo amore. Nè l’alchemico suo potere.

3. Clint Eastwood l’ultimo grande regista classico di Holliwood

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Note a margine sulla scenografia di una Los Angeles ricostruita con un rigore degno dei migliori maestri di tutti i tempi.

I movimenti di macchina, che qualcuno accusa di essere leziosi, scontati, non si fanno notare più di tanto, il film non arriva per gli aspetti formali, arriva assi di più, ed in maniera devastante, per quelli emotivi, motivo di di più per dire che Clint Eastwood è un grande regista.

Forse l‘ultimo regista classico che Holliwood annoveri ancora tra le sue fila.

Che il Signore del cinema lo protegga ancora a lungo. Tra l’altro, detto tra noi, è anche l’autore della colonna sonora del film. Davvero incredibile il talento cinematografico di quell’uomo.

E non cadrò nel tranello, inutile e pleonastico, di paragonare questo film ad altre sue opere. Non ha senso, nell’arte, misurare. Ecco l’ho detto.

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I film in uscita dal 14 novembre 2008

Questo blog compie 1 anno in questo fine-settimana. Auguri !!!

L’anticipazione

nessuna verità

Nessuna verità

titolo originale: Body of Lies nazione: U.S.A. anno: 2008 regia: Ridley Scott genere: Drammatico durata: 128 min. distribuzione: Warner Bros cast: L. Di Caprio (Roger Ferris) • R. Crowe (Ed Hoffman) • M. Strong (Hani) • G. Farahani (Aisha) • O. Isaac (Bassam) • A. Suliman (Omar Sadiki) • A. Abutbul (Al-Saleem) • V. Colosimo (Skip) • S. McBurney (Garland) • M. Nebbou (Nizar) • M. Gaston (Holiday) • K. Nashif (Mustafa Karami) • J. Khoury (Marwan) • L. Azabal (Cala) • G. Benlafkih (Rowley) • W. Monahan musiche: M. Streitenfeld fotografia: A. Witt montaggio: P. Scalia

Trama: Tratto dall’omonimo romanzo del giornalista americano David Ignatius, il film ambientato in Giordania vedrà un agente della CIA (DiCaprio) sulle tracce di uno dei leader dell’organizzazione criminale guidata da Osama Bin Laden.

Qui non ho margini di scuse. Ho visto il trailer, anche al cinema. Conosco e stimo il regista. Il mitico Ridley Scott. Vogliamo parlare degli attori, anche se ultimamente hanno fatto scelte un po’ diverse ammettiamolo pure ma insomma un duo del calibro di Leonardo Di Caprio e Russel Crowe e potremmo segnalare anche l’attrice iraniana Golshifteh Farahani, ma voglio dire. Il problema forse non è questo.

Intendiamoci quando esce un film del maestro che ci ha fatto sognare con tante sue pellicole una volta di più e Balde Runner rimane uno dei 100 film da salvare.

Godetevi il trailer qui … io sono incerto tra le 4 e le 3,5 stars. Ma direi, e me ne pento e me ne dolgo, non più di 4.

Intrighi, tradimenti, non tutto è chiaro. Un film che ha sicuramente intenzioni più nobili della riuscita.

Ma l’America, la cara, vecchia, amata e odiata, America è dentro questi problemi e noi non possiamo più ignorarli. Il film è drammatico e c’è da riflettere anche su questa catalogazione.

Ma non siamo al capolavoro ho paura. Magari mi sbaglio però. Dovrei essere più severo, lo so.

Nei cinema dal 14 novembre 2008

  • Changeling (The Exchange) – di Clint Eastwood
  • Il sol dell’avvenire – di Gianfranco Pannone
  • Amore che vieni, Amore che vai – di Daniele Costantini
  • Awake – Anestesia cosciente – di Joby Harold
  • The Orphanage – di Juan Antonio Bayona
  • Deep WaterLa Folle Regata – di L. Osmond, J. Rothwell
  • La fidanzata di papà – di Enrico Oldoini

Chanchelling

Changeling (The Exchange)

titolo originale: Changeling (The Exchange) nazione: U.S.A. anno: 2008 regia: Clint Eastwood genere: Thriller durata: 140 min. distribuzione: Universal Pictures cast: A. Jolie (Christine Collins) • J. Malkovich (Reverendo Briegleb) • A. Ryan (Amica di Christine) • J. Butler Harner (Gordon Northcott) • J. Donovan (Capitano J.J. Jones) • M. Kelly (Detective Lester Ybarra) sceneggiatura: J. Straczynski fotografia: T. Stern montaggio: J. Cox

Trama: Il film è tratto da una storia vera ambientata negli Anni Venti. Una madre sospetta che la persona, restituitale dopo un rapimento, non sia veramente suo figlio. Quando la donna esprime alla polizia i suoi sospetti viene spedita in un centro psichiatrico di recupero mentale. il film descrive la battaglia legale e psicologica di questa donna per fare trionfare la giustizia, grazie all’aiuto di un reverendo della chiesa presbiteriana, in una Los Angeles governata da una Polizia violenta e corrotta.

Del regista premio Oscar Clint Eastwood manco a parlarne. E’ uno che da tempo ci ha convinto ed oltre a noi ha sempre saputo stupire con le sue pellicole sia pubblico che critica. Qui la mia analisi.

Una storia vera che evoca un po’ tutti i temi centrali della società americana e non solo di quelli degli anni della narrazione.

Il cast con Angelina Jolie, John Malkovich, ed il televisivo Michael Kelly sottolinea questa convergenza non so più come definirla tra celluloide e video.

Sottolineata anche dalla collaborazione con lo sceneggiatore J. Michael Straczynski. Quattro stars virgola 5 ci sono tutte. Per un regista che stimiamo e amiamo incondizionatamente. Io a Clint gli darei 5 stars a priori ;)

Che poi lo criticano pure e dicono che è patinato, che le ricostruzioni storiche sono troppo perfette, ma la storia è una storia vera caxxo e l’intensità drammatica arriva tutta.

Certo gli esegeti del regista disserteranno sulla caduta del suo cinema dagli osannatissimi premi  Oscar “Mystic River” (2003) e “Million Dollar Baby” (2004) vette non raggiunte né da “Lettere da Iwo Jima” (2006), né tanto meno dal deludente “Flags of Our Fathers” (2006) .

Del resto Eastwood descrive eventi ed esistenti di quella parte degli USA che si è sempre battuta contro le infamie e le ingiustizie, quell’America che crea i suoi eroi per caso, plasmandoli e suggendoli dalla povera gente, umile ma mai doma, rappresentate patinata, certo, ma dell’evegreen american dream, che riesce a far difendere la capoturno centralinista Christine Collins (Angelina Jolie direi bravissima, peraltro) da un avvocato di grido, solo in nome della giustizia.

Certo qualcuno storcerà il naso proprio perché Eastwood, con i due film premiati con l’Oscar, ci aveva in qualche modo viziati con la commozione che ora ci sottrae, con una certa dose di emotività che questo film non ha. Ma è proprio la struttura del personaggio a non poterla avere … ed è questo, peraltro, uno dei pregi del film … ma qui il discorso si farebbe davvero troppo lungo per questo blog, magari argomenteremo meglio di là.

E poi, anche se non fosse una storia vera, cambierebbe qualcosa?

Solo perché il film sembra cadere al momento giusto, quasi a distrarre gli americani, ed il mondo, da una delle più tremende crisi finanziarie in cui forse l’intero sistema capitalistico versa? Se fosse davvero così … Eastwood ci aveva visto lungo, e fare sembrare la Polizia i cattivi, ed una centralinista in carriera il bene, potrebbe addirittura evocare tracce di ribaltamento alchemico, che non vedo neanche tirandocele per i capelli.

E poi, senza questi ingredienti, il cinema americano che cosa sarebbe?

E … infine … viva la mamma tutta la vita.

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Il sol dell’avvenire

titolo originale: Il sol dell’avvenire nazione: Italia anno: 2008 regia: Gianfranco Pannone genere: Documentario durata: 77 min. distribuzione: Iguana Film cast: A. Franceschini • P. Rozzi • T. Paroli • A. Viappiani • R. Ognibene • A. Cervi • C. Corghi • P. Catellani • M. Collini • E. Fontanelli • D. Carretti sceneggiatura     G. Pannone • G. Fasanella musiche: R. Gnutti fotografia: M. Carosi montaggio: E. Manoni

Trama: Reggio Emilia, 1969. Un gruppo di ragazzi abbandona la locale Federazione giovanile comunista, per dar vita, insieme ad altri coetanei di provenienza anarchica, socialista, cattolica, all’Appartamento, una comune sessantottina che insegue il sogno rivoluzionario e che vede nel partito comunista al governo della città, il tradimento degli ideali partigiani e antifascisti appartenuti ai loro padri e nonni durante e dopo la seconda guerra mondiale. Reggio Emilia, autunno 2007. Alcuni dei “ragazzi del 1969” si ritrovano dopo quasi 40 anni nello stesso luogo, un ristorante sulle colline, dove il gruppo dell’Appartamento compì il salto tragico e fatale nella lotta armata.

Questo è il film che sicuramente non esce della settimana ma che noi segnaliamo lo stesso.

Ma è un film che meriterebbe di uscire e come.

E se uscisse io ve lo consiglierei come una delle cose più interessanti della settimana per due motivi.

Il primo sapete che sono un maniaco del genere documentarista tanto che di la’ c’ una categoria intera di post cinema e documentario. E questo film nasce come trasposizione dal letterario al filmico liberamente ispirata al romanzo “Che cosa sono le BR” di Giovanni Fasanella e Alberto Franceschini, è il primo film sulla formazione del gruppo brigatista di Reggio Emilia e che affrontare il tema ancora oggi scabroso delle radici politico-ideologiche del terrorismo di sinistra in Italia.

Il secondo è che il materiale oltre ad essere ben girato e realizzato indaga un tema cruciale per capire la storia del nostro Paese. Ammesso che a qualcuno ancora importi qualcosa, a me si.

La scelta della lotta armata e del passaggio alle nascenti Brigate Rosse.

Non perdetevelo se davvero esce.

O meglio, per dovere di cronaca, confermo che il film uscirà sicuramente solo nelle sale di Bologna, Firenze e Reggio Emilia.

La pellicola, va detto è l’evento speciale alla 61° Edizione Festival Internazionale del Flm di Locarno e presentato con successo alla Biennale, ha fatto discutere ancor prima di essere visto.

Le prime uscite pubbliche della pellicola come si legge nel sito cinemaitaliano.info,  nel corso degli eventi a Locarno, Milano, Vienna, Roma, Firenze e Cavriago, confermano l’ottima accoglienza di pubblico.

1500 persone a Locarno, 300 a Milano, 600 a Vienna, a Roma e a Cavriago oltre 400 e a Firenze 750.

Ostracizzato, almeno per ora, da parte della distribuzione ufficiale, il pubblico ne sta decretando il successo nel circuito indipendente.

Fra i tanti messaggi di solidarietà agli autori e alla produzione del film, quelli di numerose vittime e familiari di vittime del terrorismo, una tra tutte Sabina Rossa, figlia del sindacalista Guido Rossa assassinato dalle BR che, dopo aver visto il film a Locarno, ha dichiarato al quotidiano La Stampa: “E’ importante e ci aiuta a capire“.

Il Sol dell’Avvenire” sarà distribuito dalla Blue Film, che lo ha prodotto, e dalla Iguana Film di Angiolo Stella che, nel 1978, distribuì “Forza Italia” il difficile, scomodo e poi censurato film di Roberto Faenza. Abituato a imprese difficili Stella ci riprova dopo trenta anni.

Noi operazioni del genere le sosteniamo sia come visibilità, con pool position nel post, e sia con cinque belle stars (volutamente stra esagerate sia chiaro, non fidatevi troppo). Gialle non rosse, eh ;)

amore che vieni amore che vai

Amore che vieni, Amore che vai

titolo originale:Amore che vieni, Amore che vai nazione: Italia anno: 2008 regia: Daniele Costantini genere: Drammatico durata: 103 min. distribuzione: Istituto Luce cast: F. Paravidino (Carlo) • M. Popolizio (Bernard) • D. Finocchiaro (Veretta) • F. Nigro (Salvatore) • C. Zanella (Maritza) • G. Ferraro • T. D’Aquino (Luciana) • A. Belli (Lina) sceneggiatura: F. Ferrini • A. Leotti • D. Costantini musiche: N. Piovani fotografia: A. Gelsini Torresi montaggio: C. Simoncelli

Trama:  Genova, 1963. Tre uomini – un contrabbandiere francese, un indolente protettore e un pastore sardo – decidono di tentare un colpo in grado di cambiare le loro vite. Riescono nell’intento ma il pastore, uccidendo il suo fratello gemello, si finge morto e fugge col bottino e la sua donna. In preda al rimorso, consegna la refurtiva a un prete incontrato per caso su un treno. Il destino gli gioca però un brutto scherzo.

Conoscete il romanzo di Fabrizio de AndrèUn destino ridicolo?” No?

Peggio per voi perché la pellicola di Daniele Costantini il regista del film “Fatti della banda della Magliana” (2005) no, attenzione non il più famoso ma meno autentico film di Michele Placido, no, no, quello vero, quello con:

  • Francesco Pannofino …  Luciano Amodio ‘Riccetto’,
  • Roberto Brunetti …  ‘Sandrone’ Colangeli
  • Francesco Dominedò … Claudio Terenzi ‘Er Diavolo’
  • Fabio Grossi … Stefano Celletti ‘Er Palletta’
  • Leo Gullotta …  Il giudice

Questo stesso regista adesso mette mano ad un romanzo del mito della canzone d’autore, una sua celeberrima ballata regala il titolo al film e non a caso.

Se volete intraprendere un viaggio iniziatico in un film in incatalogabile, anche se archiviato come drammatico, io direi più nostalgico, che vi farà ripercorrere le atmosfere alle quali scaturirono alcune delle più belle canzoni del cantautore che andava in direzione ostinata e contraria questo è il film che fa per voi e forse anche per noi.

4 stars nostalgiche per un film che forse ne varrà di meno. Ma chi se ne frega per me sono 4 e basta. Questo è il mio internet e chi non è d’accordo via di qui, scio’.

Lo so però che Fabrizio De Andrè non c’entra niente, eh. Ed è per quello che penso che il film non varrà un granché … ma il libro trasposto dal letterario al filmico è suo. Punto. Certo Faber non resusciterà per questo però purtroppo.

the Orphanage

The Orphanage

titolo originale: The Orphanage nazione: Messico / Spagna anno: 2007 regia: Juan Antonio Bayona genere: Horror durata: 100 min. distribuzione: Key Films cast: B. Rueda (Laura) • F. Cayo (Carlos) • R. Príncep (Pilar) • M. Rivera (Simón) • M. Carulla (Benigna) • A. Gertrúdix (Enrique) • E. Vivar (Balaban) sceneggiatura     S. Sánchez musiche: F. Velázquez fotografia: O. Faura montaggio: E. Ruiz

Trama: Dopo molti anni Laura decide di trasformare l’orfanotrofio nel quale era cresciuta in un centro per bambini disabili. Qui suo figlio Simon comincia a giocare e a parlare con un amichetto immaginario. In realtà le cose sono molto più inquietanti di quanto la donna possa immaginare.

Il film è un film giovane, girato da giovani per un pubblico giovane.

Non sto scherzando il regista è il catalano-barcellonese Juan Antonio Bayona classe 1975. E con questo film ha vinto una decina di premi giovani ;)

Lo sceneggiatore (il film è una sceneggiatura originale) è Sergio G. Sánchez classe 1973, nato ad Oviedo … si si avete indovinato, è proprio la città in cui vanno Vicky e Cristina nel famoso fine settimana in compagnia di Juan Antonio nel film di Woody Allen: “Vicky Cristina Barcelona“.

Chissà forse il senso di colpa dei produttori e dei distributori spagnoli nei confronti dei registi catalani che si sono visti sopravanzare dal film di Allen.

Il genere della pellicola è horror ma, dai tanti premi vinti anche dalla sceneggiatura, credo che meriti almeno 3 stars virgola cinque, ed anche se io non sono, e me ne dolgo, un amante del genere … la segnalo, ugualmente, come uscita interessante del week-end.

Certo The Others è un film che ho molto amato e questa storia direi he cita quell’opera in maniera quasi imarazzante. Ragione per cui le stars dovrebbero essere almeno 4. Mah … chissà non lo veda in sala.

Awake

Awake – Anestesia cosciente

titolo originale: Awake nazione: U.S.A. anno: 2007 regia: Joby Harold genere: Drammatico durata: 84 min. distribuzione: Eagle Pictures cast: H. Christensen (Clay Beresford) • J. Alba (Sam Lockwood) • T. Howard (Dr. Jack Harper) • L. Olin (Lilith Beresford) • C. McDonald (Dr. Larry Lupin) • S. Robards (Clayton Beresford) • A. Howard (Dr. Jonathan Neyer) • F. Stevens (Dr. Puttnam) • G. Chapman (Penny Carver) • D. Harbour (Dracula) sceneggiatura: J. Harold musiche: S. Sim fotografia: R. Carpenter montaggio: C. McKay

Trama: Durante un intervento Clay si ritrova in uno stato di consapevolezza anestetica. Per sfuggire al dolore fisico percorrerà i meandri della sua mente andando incontro a ben più dolorose scoperte.

Un classico. Un uomo all’apice del successo, che ha tutto. Scopre di avere un male. Si lascia operare da un suo amico. Ma qualcosa va storto. Cosa?. Gli amici sono amici, o è vittima solo di un caso rarissimo di anestesia cosciente?

Un thriller che ha implicazioni in parte filosofiche in parte sin troppo scontate.

Io credo che come blockbuster possa pure andare ma io non ci casco. Da notare che la pellicola è del 2007 e ce la propongono quali nel 2009. Distribuzione Eagle Pictures cosa altro vi devo dire per dissuadervi?

Ok d’accordo Joby Harold è il regista e lo sceneggiatore, ma una domanda, eh: Chi caxxo è sto Joby Harold? Assistente alla regia del film Bacon Wagon di Lonny Zion? E allora? Direi due stars virgola cinque e siamo buoni.

Deep Water

Deep Water – La Folle Regata

titolo originale: Deep Water nazione: Gran Bretagna anno: 2006 regia: Louise Osmond • Jerry Rothwell genere: Documentario durata: 92 min. distribuzione: Fandango musiche: H. Escott • M. Nyman fotografia: N. Kellgren montaggio: B. Lester

Trama: Ritratto di Donald Crowhurst, bizzarro inventore che negli anni sessanta decise di partecipare alla gara velica di circumnavigazione del mondo.

Se esce questa settimana (non ne siamo sicurissimi), siamo di fronte ad un documentario di un certo livello che segnalo con assoluta certezza agli estimatori del genere.

Il film vinse nel 2006 il premio per il miglior documentario proprio alla prima edizione del Roma Film Festival (all’epoca era ancora una Festa e ma adesso Veltroni non c’è più e di Feste nella capitale non se ne possono fare più, Festival si, feste no).

Ma altri premi prestigiosi come quello del British Independent Film Awards o del San Diego Film Critics Society Awards, hanno ulteriormente attestato la qualità dell’opera.

Che dire, se davvero dovesse uscire questa settimana, lo segnaliamo all’attenzione dei cinefili amati dei documentari con ben 4 stars. Distribuisce Fandango più garantiti di così? E noi ne avevamo già parlato qui.

La fidanzata di Papaà

La fidanzata di papà

titolo originale: La fidanzata di papà nazione: Italia anno: 2008 regia: Enrico Oldoini genere: Commedia durata: n.d. distribuzione: Medusa Film cast: M. Boldi (Massimo Bondi) • S. Ventura (Angela) • N. Bush (Gloria) • E. Canalis (Felicity) • E. Salvi (Eros) • B. Izzo (Maria) • N. Frassica (Nino) • L. De Nardis (Lara) • M. Pinto (Barbara) • B. Arena (Bruno) • M. Cavallari (Max) • T. Mannino (Luminosa) • D. Silvestri (Matteo) • A. Quattrocchi (zia Carmelina) • A. Barzaghi (Jenny) sceneggiatura: E. Oldoini • P. Costella fotografia: G. Battaglia montaggio: M. Bonanni

Trama: Massimo Boldi è al timone di un racconto che si sviluppa tra un alberghetto di montagna e lo scenario di Miami, nella più classica ma anche più allegra e spassosa delle incursioni nel gioco degli equivoci, delle gelosie e degli amori complicati.

Un cinepanettone che esce a novembre. Un po’ ci fa paura ed un po’ ci fa tristezza.

Perché, delle due l’una, o rimane nelle sale fino a Natale (che il Dio del cinepanettoni e del Natale … che non dovrebbero essere lo stesso, ce ne scansino), o lo stesso è un pacco che ci leviamo dai coglixxi in poche settimane.

Come al solito la verità temo sarà nel mezzo.

E poi peccato perché mentre:

Paolo Costella come sceneggiatore ed assistente regista ha collaborato con film del calibro de “La carne” di Marco Ferreri (1991), e che come regista ha realizzato pellicole del calibro di “Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno” (2001) – co-diretto niente po’ po’ di meno che con Laura Betti.

Poi ok ha collaborato anche a Vacanze di Natale ’91 (1991) ma si sa cosa si è costretti a fa per campare in Italia.

Mentre invece:

Enrico Oldoini che è anche il regista ahimè del film, ha collaborato esclusivamente a serial televisivi, intendiamoci, alcuni dei quali come “Capri” che non sono proprio il cinema d’autore.

E che ha collaborato in progetti cinematografici come:

  • Vacanze di Natale ’90 (1990)
  • Bye Bye Baby (1988)
  • Una Botta di vita (1988)
  • Bellifreschi (1987)
  • Yuppies 2 (1986)
  • Cuori nella tormenta (1984)
  • Lui è peggio di me (1984)

Che, mi dispiace, non sono esattamente il genere di cinema che questo blog appoggia. E ho detto tutto.

Ecco diciamo che Enrico Oldoini è uno di quei registi di cui, da queste parti, proprio non si avvertiva alcun bisogno … senza offese. Tanto i soldi li farai quindi non ti lamentare più di tanto, eh.

1 stars per simpatia verso Massimo Boldi.

Insomma, ammettiamolo, per quel che mi riguarda, il nuovo esordio di Simona Ventura (dopo quello di 10 anni fa) al cinema forse avremmo potuto chiedere al Dio del Cinema di evitarcelo, magari.

Come dite che sono prevenuto? Dai non mi sottovalutate … sono prevenutissimo. ;) Non è un cinepanettone perché esce a novembre? E’ solo una trovata pensate per evitare il duello … peggio di così …

Dai Cipollino. Stacci.

Alla prossima.

A cura di cinemvistodame.

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i film in uscita dal 14 novembre 2008

Cosa cambierete in questo fine-settimana?

un bambino in una culla, la storia delle Brigate Rosse, o la vostra idea sulla lirica di Fabrizio De André?

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Non andate al cinema senza avere bevuto un sorso dell’ultimo numero di cinemavistodame 2 che compie 1 anno … auguri.

candela da te.

La special edition è on line qui. Più comunista che mai.

1 anno con voi … e siamo solo all’inizio.

Clicca.

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The Burning Plain – di Guillermo Arriaga (2008)

analisi di eventi esistenti e linguaggio audiovisivo

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The Burning Plain – il confine della solitudine

titolo originale: The Burning Plain
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Guillermo Arriaga
genere: Drammatico
durata: 110 min.
distribuzione: Medusa Film
cast: C. Theron (Sylvia) • K. Basinger (Gina) • J. Lawrence (Mariana) • J. Yazpik (Carlos) • J. de Almeida (Nick) • D. Pino (Santiago) • T. Ia (Maria) • D. Torres (Cristobal) • B. Cullen (Robert)
sceneggiatura: G. Arriaga
fotografia: R. Elswit
montaggio: C. Wood


Sinossi
: Storia di una madre, Gina, e di una figlia, Sylvia, che ha avuto un’infanzia molto complicata, impegnate a ricostruire un legame. Impegno non facile all’interno di un racconto dai tratti molto incisivi che la regia guida con mano maestra e forte intensità.

Le conseguenze della solitudine – a cura di Roberto Bernabo’

Introduzione
Continuo a leggere o critiche distruttive su quest’opera, o commenti, se non esattamente esaltanti, comunque molto positivi.

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Chiariamo subito che Gulliermo Arriaga è uno sceneggiatore sulle cui capacità e bravura è difficile argomentare a sfavore.

E chiariamo anche che – come spesso vi sentirete dire se vi avvicinerete allo studio della sceneggiatura o a quello della regia (le due materie sono contigue ma hanno regole assai diverse) – una cosa è scrivere (nell’accezione letterale del termine) un film, un’altra è girarlo. Ma questo vivaddio è una cosa chiara ai più immagino.

Il tema del linguaggio, o meglio dei linguaggi, utilizzati dal cinema mi sembra centrale nell’affrontare un’analisi, non solo di questo film, ma in generale delle intenzioni artistiche di questo sceneggiatore messicano, che con questo film, dopo alcuni immagino significativi contrasti con il regista che ha contribuito a renderlo famoso (sia chiaro nel bene e nel male), Alejandro González Iñárritu, passa anche dietro la macchina da presa per “girare” una sceneggiatura originale (altro tema che affronteremo, prima o poi) “scritta” da lui.

In questo post:

  1. Differenze ontologiche tra sceneggiatura e regia
  2. Circa la narrazione non lineare di un racconto ed elementi innovativi nell’utilizzo delle anacronie nell’opera di Gulliermo Arriaga (molto spoiler)
  3. La pianura che brucia come metafora della ribellione alla solitudine – i limiti dell’impianto narrativo
  4. Conclusioni

1. Differenze ontologiche tra sceneggiatura e regia

Sembra una differenza semplice da immaginare e da comprendere ma vi assicuro che non è così.

In un libro scritto a più mani da sceneggiatori e registi:

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“Fare Cinema” – di Jean-Claude Carrière, Francis Ford Coppola, Costantino Costa Gravas, Senel Paz – si legge, nella parte scritta da Jean-Claude Carrière, uno dei più celebri sceneggiatori che ha collaborato con Luis Buñuel, che che un giorno il maestro lo chiamò.

Doveva incontrare di lì a poco il produttore e gli chiese di portare una copia stampata della sceneggiatura, si trattava del celeberrimo “Le charme discret de la bourgeoisie“.

Scena per scena il maestro iniziò a scrivere dei numeri. Pensava, leggeva, e, subito dopo aver letto una scena, scriveva un numero.

Incuriosito da questa pratica sconosciuta allo sceneggiatore che non riusciva, pur essendo un addetto ai lavori, a capire cosa significasse, questi domandò:

“Maestro, ma cosa sono quei numeri affianco ad ogni scena?”

“Questi che sto scrivendo ora?” rispose Luis Buñuel.

“Si, proprio quelli” incalzò Jean-Claude Carrière.

“Beh, visto che devo incontrare il produttore”, spiegò il regista, “sto annotandomi con quante riprese intendo realizzare ogni singola scena”.

Da questo semplice scambio di battute s’intuisce la grande differenza che esiste tra lo scrivere un racconto su carta, per quanto già organizzato per sequenza di scene (da cui il nome sceneggiatura), e la sua trasposizione in pellicola.

Il regista deve risolvere altri problemi.

Che non sono legati, solo, all’intreccio narrativo, ma assai più pregni di un ancor più intimo legame con la resa drammaturgica, il mood che s’intende dare all’opera-film, il rendere coerente, nell’atmosfera  drammaturgica delle interpretazioni degli attori che dovranno essere diretti, quello che nella sceneggiatura è scritto, e ancora, dove posizionare la macchina da presa, con quanti stacchi realizzare una scena, di quali luci si ha bisogno, e potrei scrivere migliaia di altri elementi specifici di questa competenza, che è considerata, a torto o a ragione, così importante, da fare arrivare a dire che il film non è dello sceneggiatore ma del regista.

Per quanto, ripeto, intimamente connesse, le due fasi sono quasi antagonistiche.

Si potrebbe dire, con un’approssimazione volutamente provocatoria, che il regista lavora contro lo sceneggiatore.

Andrebbe anche aggiunto che il montatore lavora contro il regista, ma questo ci porterebbe fuori dall’ambito dell’analisi che s’intende svolgere in questo paragrafo. Magari ci torneremo per pellicole che giustificheranno questa ulteriore specificità della costruzione del linguaggio audiovisivo.

Quello che ho inteso far capire è che, pur essendo sceneggiatura e regia, fasi diverse, non è impossibile che uno sceneggiatore, a forza di lavorare con un regista, possa sviluppare delle proprie idee riguardo alla trasposizione in pellicola di un suo lavoro.

Ed è probabilmente una forte diversità di vedute tra lui e Alejandro González Iñárritu, con il quale, ripeto, pare abbia litigato, che Gulliermo Arriaga abbia deciso di passare anche dietro la macchina da presa, come si usa dire in gergo.
2. Circa la narrazione non lineare di un racconto ed elementi innovativi nell’utilizzo delle anacronie nell’opera di Gulliermo Arriaga (molto spoiler)

E’ noto, a chi si occupa come me di cinema per passione oltre che per studio, che non esiste un solo modo di raccontare una storia.
Non si parte sempre, necessariamente, dall’inizio per arrivare alla fine.

Si possono inserire elementi completivi che recuperano parti del racconto attingendo dal passato, e questi inserti vengono chiamati anacronie (nel linguaggio cinematografico chiamati flshback).

Le anacronie, invero, possono anche anticiparci elementi di una porzione del futuro del racconto, andando cioè molto in avanti rispetto all’inizio della narrazione (nel linguaggio cinematografico chiamati fleshforward).

Se c’è una cosa che aveva dimostrato, in tutte le sue precedenti sceneggiature, Gulliermo Arriaga, era una spiccata e probabilmente innata attitudine a costruire storie basate sul racconto non lineare (Amores perros – 2000 di Alejandro González Iñárritu;   21 Grammi – Il peso dell’anima – 2003 di Alejandro González Iñárritu; Le tre sepolture – 2005 di Tommy Lee Jones; Babel – 2006 di Alejandro González Iñárritu).

 

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Ora qui la questione è che, in questo film, a mio modo di vedere, la celeberrima lezione di Gerard Genette, da me più volte citata in questo blog, circa la portata e l’ampiezza delle anacronie, è come se venisse superata.

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In The Burning Plain non è corretto, almeno a mio modo di vedere, parlare di portata o ampiezza delle anacronie, quanto, piuttosto, di una innovativa costruzione parallela prima, e convergente poi, di due storie, una, palesemente per lo spettatore, risalente al passato, ed una seconda, sempre chiaramente per lo spettatore, imbastita nel presente filmico.

L’idea davvero innovativa è poi quella di fare convergere i due racconti paralleli, facendo scoprire allo spettatore che gli stessi, per quanto apparentemente diversi, riguardavano gli stessi esistenti ed in particolare la figura di Sylvia alias Mariana. Questo, peraltro, giustifica la diversità dei nomi dei due esistenti, che in realtà sono la stessa persona, (altrimenti l’artificio verrebbe svelato troppo presto), e la considerevole differenza tra le due attrici, (magari un ulteriore limite dei film ma, secondo me, più intimamente legata all’idea di non rendere esplicito lo schema dell’impianto narrativo, che rovinerebbe, e non poco, il colpo di scena sul finale).

Ora, aldilà della resa filmica, non si può certo dire che il tentativo sia di semplice attuazione, o, di più, di facile concepimento.

Tutt’altro direi, e vorrei aggiungere, che questo andrebbe valutato, a mio modo di vedere, prima di affermare che l’opera di Arriaga non è valida.

Certo c’è da considerare che lo sceneggiatore è all’esordio come regista, ma credo che, anche in questa componente del racconto, la pellicola non sia affatto da sottovalutare, anzi.

3. La pianura che brucia come metafora della ribellione alla solitudine – i limiti dell’impianto narrativo

In una celebre canzone di montaliane atmosfere Francesco Guccini cantava:

“L’ angoscia che dà una pianura infinita? Hai voglia di me e della vita,
di un giorno qualunque, di una sponda brulla? Lo sai che non siamo più nulla?
Non siamo una strada né malinconia, un treno o una periferia,
non siamo scoperta né sponda sfiorita, non siamo né un giorno né vita … Non siamo la polvere di un angolo tetro, né un sasso tirato in un vetro,
lo schiocco del sole in un campo di grano, non siamo, non siamo, non siamo …
Si fa a strisce il cielo e quell’ alta pressione è un film di seconda visione,
è l’ urlo di sempre che dice pian piano:
“Non siamo, non siamo, non siamo …”

Questi versi, che potrebbero adattarsi benissimo al film peraltro, mi sono tornati alla mente proprio pensando allo spleen prevalente che muove all’azione gran parte dei personaggi.

Tutto ha origine ed è contenuto dalla disperazione che sa dare, se vissuta male, la solitudine.

Del resto il sottotitolo del film è “il confine della solitudine“.

E’ lei l’ospite ingombrante del film.

E’ lei che spinge la madre Kim Basinger (Gina), (direi bella e brava), di Jennifer Lawrence (Mariana), bravissima e premiata con il Premio Marcello Mastroianni (Mostra d’Arte Cinematografica Internazionale di Venezia, 2008) come migliore attrice emergente, alle loro disperate  e direi, con diversi livelli d’intensità, drammatiche azioni.

Ed è sempre lei, la solitudine intendo, amplificata dal senso di colpa a giustificare la vita dissoluta di Charlize Theron (Sylvia),  notevole nella capacità d’interpretare un personaggio per niente semplice, soprattutto considerando quello che ho detto circa la convergenza della sua storia con quella di Mariana.

In questa foto la vedete discutere con Gulliermo Arriaga … chissà forse anche lei non era convintissima delle motivazioni all’azione del suo personaggio.

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Ora la cosa che veramente è da analizzare, per comprendere il punto di snodo più importante del racconto, e quindi della mia critica al film, è se l’evento dinamico della storia (quello che altera lo stato di equilibrio preesistente degli esistenti): l’esplosione della baracca roulotte (collocata all’inizio del film con l’artificio narrativo filmico in gergo definito “fantasma“, – di cui un’altro esempio lo potrete ritrovare nel film “Il profumo di Yvonne” di Patrice Leconte, 1994), squallida, sporca, solitaria e praticamente abbandonata, anche lei, in una pianura desolata e desolante, ha, effettivamente, la forza per reggere le motivazioni all’azione  degli esistenti e giustificare, in maniera convincente, l’evolversi, ben poco importa se nell’adesso filmico o nel passato, degli eventi della storia.

Perché, a nostro modo di vedere, se esistono dei limiti a questo film non sono da ricercare nelle capacità registiche di Arriaga, quanto, piuttosto, nell’effettivo funzionamento dell’impianto narrativo definito in fase di screenpaly.

Rifletteteci e, magari, mi darete ragione.

Non esistono, a guardare bene, altre lacune nel racconto. Tutto è spiegato, tutto si riannoda. Tutto alla fine coincide.

Tranne una cosa. Un dubbio. Un, ragionevole, dubbio, come direbbero i giuristi.

Può la solitudine degli esistenti giustificare, drammaturgicamente, la storia?

4. Conclusioni

In conclusione di questa analisi io personalmente confermo il giudizio positivo che mi ero fatto vedendo il trailer.

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Il film, presentato alla recente mostra di Venezia 65, ed approdato nelle sale con una versione ridotta rispetto alla extended version della mostra (30 minuti in meno, pare), magari non riesce a commuovere sempre (a me sul finale ci è riuscito, ma, voglio dire non so quanto questo faccia testo visto che io mi commuovo pure vedendo topolino), ma ha sicuramente un suo spleen, una sua traccia, una sua ambientazione psico-drammatica, una sua atmosfera epica (penso alle sequenze sulla scogliera, penso alla sequenza in cui Mariana e Santiago bruciano i kaktus e potrei continuare).

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La direzione della fotografia, affidata al sempre bravissimo Robert Elswit, merita una menzione a parte, se penso alla bellezza di come sono resi certi luoghi, legata anche alla scelta di location molto suggestive.

Le rese attoriali sono tutte, secondo me, degne di nota, a partire da quella di Kim Basinger:

 

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che riesce a dare spessore ad una condizione femminile ammettiamolo abbastanza scontata, e, per certi versi, addirittura squallida.

A quella di Charlize Theron:

 

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che ha dimostrato, con questo film, di saper toccare corde psico-drammatiche quasi da Actor Studios.

Per concludere con la notevolissima interpretazione di Jennifer Lawrence:

Jennifer Lawrence da te.

bravissima, intensa, già un’attrice pure essendo cosi giovane.

Che dire … che bisogna dare fiducia ad uno sceneggiatore che si è avventurato nel mondo della regia, secondo me, e che è riuscito, secondo molti, addirittura e migliorare, con questo passo, per certi versi, la resa delle sue opere, rispetto, ad esempio, a quanto realizzato dal regista messicano Alejandro González Iñárritu, che molto deve del suo successo proprio alla peculiarità del racconto non lineare di cui Arriaga è un maestro.

Che forse però, proprio per questo, questi non deve eccedere troppo nei virtuosismi di tale tipo di scrittura, e ritornare e preoccuparsi degli elementi più importanti della sceneggiatura, come ad esempio:

  • lo sviluppo del conflitto,
  • la caratterizzazione dei personaggi,
  • le complicazioni progressive,
  • la catarsi … che è forse la cosa veramente riuscita del film.

La domanda “Tu non vieni?” che Maria rivolge a Sylvia, oramai ritornata Mariana, va molto oltre il perdono e ci riconduce al tema centrale dello specifico narrativo di Gulliermo Arriaga: tentare di far dialogare ed accordare posizioni apparentemente inconciliabili

Links

La mia analisi del film: Babel – di Alejandro González Iñárritu

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