Analisi di eventi, esistenti e linguaggio audiovisivo
“Dentro la mente di Piero e Lara: l’amore secondo le nostre voci interiori”
a cura di Roberto Bernabò
Scheda e Crew
Lingua originale: italiano
Paese di produzione: Italia
Anno: 2025
Durata: 98 min
Genere: commedia, sentimentale
Regia: Paolo Genovese
Sceneggiatura: Paolo Genovese, Isabella Aguilar, Lucia Calamaro, Paolo Costella, Flaminia Gressi
Produttore: Carlotta Galleni, Raffaella Leone, Andrea Leone
Produttore esecutivo: Paolo Sciarretta
Casa di produzione: Lotus Productionper Leone Film Group, Rai Cinema
Distribuzione in italiano: 01 Distribution
Fotografia: Fabrizio Lucci
Montaggio: Consuelo Catucci
Musiche: Maurizio Filardo
Scenografia: Massimiliano Sturiale
Costumi: Grazia Materia
Interpreti e personaggi
Edoardo Leo: Piero; Pilar Fogliati: Lara; Emanuela Fanelli: Trilli; Maria Chiara Giannetta: Scheggia; Claudia Pandolfi: Alfa; Vittoria Puccini: Giulietta; Marco Giallini: Professore; Maurizio Lastrico: Romeo; Rocco Papaleo: Valium; Claudio Santamaria: Eros.
Sinossi: Dopo essersi conosciuti in un bar, Piero e Lara fissano il loro primo appuntamento a casa di lei. Entrambi hanno voglia di rimettersi in gioco: Lara è una trentacinquenne restauratrice di mobili, che ha appena terminato una relazione con un uomo sposato e cede spesso ad amori senza futuro; Piero è un insegnante di liceo cinquantenne, fresco di divorzio con affidamento congiunto della figlia piccola e porta ancora i segni di altre delusioni sentimentali. I due protagonisti sono guidati dalle rispettive personalità: Piero ascolta le indicazioni del razionale Professore, del romantico Romeo, del passionale Eros e del disincantato Valium; Lara si fa condurre dall’intransigente Alfa, dalla seducente Trilli, dalla sregolata Scheggia e dalla sognatrice Giulietta. La serata parte bene, tra imbarazzi, lapsus e contrattempi, nonostante i bisticci interni ai due gruppi di emozioni. Alla fine l’appuntamento va bene e i due protagonisti trovano la giusta sintonia finendo a letto assieme per la gioia non solo loro ma anche delle varie personalità che sono riuscite a condurli a questo felice traguardo. A tarda ora, Piero saluta Lara senza che nessuno di loro riesca a proporre di passare insieme la notte. Lui però torna sui suoi passi e, dopo un colloquio diretto tra le rispettive personalità, i due cucinano qualcosa assieme: l’avventura continua.
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“FolleMente” di Paolo Genovese è una commedia romantica che esplora le dinamiche interiori dei protagonisti attraverso un approccio originale e coinvolgente.
Analisi degli eventi
La trama si concentra su Piero, un insegnante cinquantenne divorziato, e Lara, una restauratrice trentacinquenne reduce da una relazione complicata e sul loro primo appuntamento che si svolge nell’appartamento di lei, dove entrambi sono accompagnati dalle proprie “voci interiori”.
Piero: il razionale Professore (Marco Giallini), il romantico Romeo (Maurizio Lastrico), il passionale Eros (Claudio Santamaria) e il disincantato Valium (Rocco Papaleo).
Lara: l’intransigente Alfa (Claudia Pandolfi), la seducente Trilli (Emanuela Fanelli), la sregolata Scheggia (Maria Chiara Giannetta) e la sognatrice Giulietta (Vittoria Puccini).
Durante la serata, le interazioni tra le personalità interne e i protagonisti stessi creano situazioni comiche e riflessive, culminando in un’intimità condivisa che rappresenta una vittoria sia per Piero e Lara che per le loro voci interiori.
Analizziamo meglio gli eventi principali.
La telefonata della figlia di Piero
Il primo vero punto di snodo dell’intreccio narrativo.
Durante la cena, Piero riceve una chiamata dalla sua giovane figlia, frutto del recente divorzio.
Questo accadimento introduce una dimensione improvvisamente molto più intima e paterna nel personaggio, rivelando la sua vulnerabilità e il legame emotivo con la famiglia.
Le sue personalità interiori reagiscono in modi diversi.
Il Professore cerca di mantenere la calma, Romeo si intenerisce, mentre Valium mostra preoccupazione.
Questo evento sottolinea come le responsabilità familiari e le emozioni legate alla paternità influenzino le dinamiche relazionali di Piero.
La citofonata dell’ex di Lara con l’anello
Un improvviso momento di climax narrativo si verifica quando l’ex fidanzato di Lara si presenta, inaspettatamente, alla sua porta, offrendole un anello.
Questo gesto simbolico rappresenta un tentativo di riconciliazione e mette Lara di fronte a una scelta tra passato e futuro.
Le sue personalità interiori reagiscono in modo conflittuale.
Alfa è infuriata, Trilli è lusingata, Scheggia è confusa e Giulietta è speranzosa.
Questo dialogo – che in qualche misura esplica come Genovese affronti per Laura il tema dello sviluppo del conflitto in chiave intra personale – evidenzia le difficoltà nel lasciar andare relazioni passate e nel prendere decisioni che influenzeranno il proprio percorso emotivo.
L’Interazione tra le personalità interne
Le personalità interiori di Piero e Lara non solo influenzano le azioni dei protagonisti, ma interagiscono anche tra loro, creando momenti di comicità e introspezione.
Queste interazioni rappresentano il dialogo interno che ciascuno di noi sperimenta quando affronta situazioni emotivamente complesse.
Posso senz’altro confermare che è questa la chiave scelta dal regista e dagli sceneggiatori per affrontare e cercare di risolvere l’intero sviluppo del conflitto dell’intreccio narrativo.
Un espediente sicuramente geniale e lo sarebbe stato ancora di più se non fosse già stato utilizzato nel due film della Pixar “Inside Out”, che certo é un cartone animato ma che ha utilizzato di fatto lo stesso stratagemma.
Ad ogni modo la rappresentazione visiva di queste personalità offre chiave di letteratura più ampia e variegata per aiutare lo spettatore a comprendere in maniera più profonda i conflitti interiori e le reali motivazioni dei personaggi.
La decisione di Piero di tornare
Probabilmente il momento chiave che anticipa la catarsi del finale.
Dopo aver lasciato l’appartamento di Lara, Piero decide di tornare, spinto dalle sue personalità interiori che lo incoraggiano a non perdere un’opportunità significativa.
Questo gesto simboleggia il superamento delle paure e delle insicurezze, e l’apertura verso nuove possibilità.
La successiva scena, che in chiave narrativa rappresenta la vera catarsi del finale dell’intreccio narrativo, in cui i due cucinano insieme, esprime l’inizio di una connessione autentica, basata sulla comprensione reciproca e sull’accettazione delle proprie complessità interiori.
Significati simbolici e psicologici
FolleMente utilizza l’espediente narrativo delle personalità interiori per esplorare le sfaccettature dell’identità umana. Ogni personalità rappresenta un aspetto diverso della psiche: razionalità, romanticismo, passione, disillusione, controllo, seduzione, impulsività e sogno. La loro interazione riflette i conflitti interni che influenzano le decisioni e i comportamenti dei protagonisti. Il film suggerisce che l’equilibrio tra queste parti è essenziale per una vita emotivamente soddisfacente.
Analisi degli esistenti
Uno dei punti di forza di FolleMente risiede nella brillante caratterizzazione delle personalità interiori dei due protagonisti, veri e propri “co-protagonisti invisibili” dell’intreccio. Ogni personaggio mentale incarna un archetipo psicologico e agisce secondo un obiettivo preciso, spesso in competizione o tensione con le altre voci interiori, generando un microdramma continuo che rispecchia la complessità emotiva dell’animo umano.
Le personalità interiori di Piero
Il Professore (Marco Giallini)
Archetipo: Razionalità, ordine, logos.
Obiettivo: Mantenere Piero centrato, ponderato, protetto dagli slanci emotivi e dalle illusioni.
Funzione narrativa: È la voce della logica, della prudenza, del controllo. Tende a frenare, razionalizzare, analizzare ogni gesto o parola. Spesso è il primo ad attivarsi nei momenti di incertezza, ed è in costante contrasto con Romeo ed Eros.
Conflitto interno: Il Professore non vuole che Piero soffra ancora. Ma la sua iper-razionalità rischia di impedire al protagonista di vivere pienamente.
Romeo (Maurizio Lastrico)
Archetipo: L’amante romantico, il cuore puro.
Obiettivo: Convincere Piero che l’amore è ancora possibile, che lasciarsi andare è una forma di forza e non di debolezza.
Funzione narrativa: Infonde slancio emotivo e speranza, ribilanciando il cinismo e il realismo delle altre voci. Porta tenerezza e idealismo, ed è colui che più di tutti “tifa” per la riuscita dell’incontro.
Conflitto interno: È spesso deriso o zittito dalle altre personalità, ma la sua determinazione poetica risplende nei momenti chiave della narrazione.
Eros (Claudio Santamaria)
Archetipo: L’istinto, il desiderio, il corpo.
Obiettivo: Spingere Piero a cedere all’attrazione fisica, a lasciarsi guidare dal piacere, senza troppi pensieri.
Funzione narrativa: Accende la tensione sessuale e aggiunge leggerezza, ma anche goffaggine, alla dinamica relazionale. Interviene spesso con battute o suggerimenti audaci, provocando ilarità e imbarazzo.
Conflitto interno: Combatte per emergere ma deve spesso contenere il Professore e placare Valium, che lo sminuisce. È l’energia primordiale, a volte eccessiva, che però spinge l’azione in avanti.
Valium (Rocco Papaleo)
Archetipo: Il disincantato, l’apatia, il depresso filosofico.
Obiettivo: Evitare ulteriori sofferenze a Piero, spegnendo ogni entusiasmo prima che porti a una nuova delusione.
Funzione narrativa: È l’ombra dell’esperienza passata. Con la sua ironia malinconica, smonta ogni speranza con sarcasmo, ma il suo dolore è autentico. Serve da contrappunto esistenziale alle energie più vitali.
Conflitto interno: È in lotta continua con Romeo e Eros, e a tratti anche con il Professore. Ma è proprio dalla sua disillusione che nasce, per contrasto, il desiderio di rinascita.
Le personalità interiori di Lara
Alfa (Claudia Pandolfi)
Archetipo: La leader, la razionale, il “generale”.
Obiettivo: Proteggere Lara dagli errori del passato, mantenendola forte e distante da illusioni romantiche.
Funzione narrativa: Interviene con autorità nei momenti critici. È lei a voler cacciare Piero o a diffidare di lui. Ma il suo rigore è anche il risultato di ferite non ancora rimarginate.
Conflitto interno: Ha un rapporto conflittuale con Giulietta e Scheggia. Il suo controllo diventa talvolta una prigione.
Trilli (Emanuela Fanelli)
Archetipo: L’istinto civettuolo, l’ironia, il desiderio di piacere.
Obiettivo: Far sentire Lara bella, desiderabile, libera.
Funzione narrativa: Aggiunge spensieratezza e un tono brillante. È spesso protagonista di scambi fulminanti e di “consigli” non richiesti.
Conflitto interno: È poco ascoltata da Alfa, ma rappresenta un lato fondamentale del femminile contemporaneo: ironico, disilluso, ma vitale.
Scheggia (Maria Chiara Giannetta)
Archetipo: L’adolescente ribelle, il caos, la spontaneità.
Obiettivo: Agire senza filtri, senza calcoli, vivere il momento.
Funzione narrativa: Rompe gli equilibri, provoca, destabilizza. Fa errori ma anche scoperte. Spinge Lara a rischiare.
Conflitto interno: È spesso soppressa da Alfa, ma anche Trilli la comprende. Rappresenta l’energia istintiva che manca a Lara quando è bloccata dal controllo.
Giulietta (Vittoria Puccini)
Archetipo: La sognatrice, la romantica, l’ideale d’amore.
Obiettivo: Spingere Lara a credere nella possibilità di una storia autentica.
Funzione narrativa: È la voce della speranza, del sogno, del desiderio di essere amata nel profondo. Fa emergere le fragilità di Lara, ma anche il suo desiderio di verità.
Conflitto interno: Spesso messa a tacere da Alfa, Giulietta ha però un ruolo cruciale nel finale, quando Lara decide di aprirsi.
Osservazione finale sulla dinamica degli “esistenti”
Queste otto personalità – quattro per protagonista – non sono solo accessori comici o espedienti originali. Sono la struttura portante del film. Sono i “pensieri che si fanno corpo”, le forze invisibili che modellano il comportamento umano, ciascuna con i propri obiettivi, conflitti e fallimenti.
Nel loro continuo dibattere, queste entità producono dramma, umorismo, tensione e persino tenerezza. La loro interazione contribuisce in modo determinante all’arco di trasformazione di Piero e Lara, rendendo FolleMente un esempio raro di commedia sentimentale profondamente psicologica e, per certi versi, filosofica.
Rése attoriali – una partitura a più voci del corpo e dell’anima
In FolleMente, Paolo Genovese orchestra un sistema corale in cui l’attore non è solo corpo narrante, ma parte strutturale di un dispositivo concettuale: la mente come teatro. L’interiorità prende forma sullo schermo attraverso incarnazioni attoriali che operano su livelli simultanei: il realismo emotivo, la stilizzazione simbolica, il registro comico e quello metafisico.
L’attore, in questo contesto, non recita per sé, ma si fa mezzo visibile di una tensione invisibile. Come nel cinema di Alain Resnais o nei frammenti più teatrali di Bergman, l’interiorità è esibita, scomposta, messa in scena. Il risultato è un chorus interiore che rifonda le regole della commedia romantica, allontanandola dal naturalismo per avvicinarla a una forma di rappresentazione dialettica e psicoanalitica.
Edoardo Leo – Il corpo del dubbio
Leo interpreta Piero con una grammatica minima, quasi trattenuta. È nel micro-gesto, nella sospensione dello sguardo, nell’incertezza delle mani che si manifesta il suo lavoro attoriale. Non urla, non esplode: implora, trattiene, esita. La sua forza scenica nasce dalla relazione continua con le sue “voci interiori”, che non gli fanno da spalla, ma da contrappunto. Leo diventa così lo spazio neutro su cui si proietta l’inconscio del film.
Pilar Fogliati – La geometria dell’indecisione
Fogliati incarna Lara con una tensione formale quasi beckettiana. Ogni parola è calibrata, ogni pausa ha un peso, ogni sorriso è difensivo. La sua recitazione è composta ma mai fredda, geometrica ma umana. È la Lara delle aspettative frustrate, delle domande non dette, e del desiderio represso. La sua performance restituisce il paradigma della femminilità contemporanea ferita, lucida, ma ancora capace di sperare.
Marco Giallini – La voce della ragione vestita di ironia
Giallini interpreta il Professore come se fosse l’eco morale di un tempo razionale che non esiste più. Non è solo razionale, è stanco della razionalità. Il suo timbro è asciutto, a volte dolente, e le sue battute tagliano come sentenze. Porta nel ruolo un’ironia ferita, da intellettuale disilluso, che si scontra con la vitalità dei suoi antagonisti interiori. È la coscienza critica del film.
Maurizio Lastrico – L’innocenza come utopia
Lastrico sorprende con una tenerezza quasi chapliniana. Il suo Romeo è l’ultima scintilla dell’utopia romantica, un personaggio che nel sistema chiuso dell’ironia del film resiste come punto di luce. Recita “contro” il cinismo dominante, con occhi pieni di ingenuità e voce piena di speranza. Il suo candore è rivoluzionario.
Claudio Santamaria – La fisicità come grammatica primitiva
Santamaria, in Eros, mette in campo un lavoro sul corpo potente e ironico: cammina, si muove, sbuffa, gesticola. È la pulsione, il desiderio, l’urgenza. Il suo Eros è al tempo stesso carne e parodia della carne, virilità e caricatura. È l’unico personaggio che non riflette, agisce: e in questo è necessario al ritmo del film.
Rocco Papaleo – Il comico tragico della rinuncia
Papaleo è maestro nel lavorare sul registro basso, depresso, interiore. Valium non è solo il disilluso, è l’intellettuale che ha smesso di credere. Le sue battute sembrano aforismi cinici da Cioran in salsa comica. La sua voce è rotta ma saggia, e il suo sguardo è quello dell’uomo che ha amato troppo e ora teme ogni coinvolgimento. Una delle interpretazioni più raffinate del film.
Claudia Pandolfi – L’autorità che trema
Pandolfi scolpisce Alfa con tratti duri, angolari, ma non impermeabili. È la maschera del comando, ma l’attrice è abile nel suggerire le crepe che si formano sotto la corazza. Il suo tono è assertivo, ma vibra di paura. Alfa è la razionalità ferita, e Pandolfi le presta un controllo che vacilla con grazia.
Emanuela Fanelli – L’arte del disincanto comico
Fanelli è Trilli come solo lei poteva esserla: battuta pronta, sguardo sghembo, postura da “donna che ha visto tutto”. È la voce comica del film, ma non solo: è anche quella più consapevole. Il suo cinismo non è poseur, è difesa. La sua ironia è scudo e confessione. Fa ridere, ma è sempre un passo più avanti.
Maria Chiara Giannetta – Il caos in miniatura
Giannetta costruisce Scheggia con una recitazione che esplode e implode. È la giovinezza, l’impulso, l’imprevedibilità. Ogni suo ingresso in scena scompagina le dinamiche, introduce rottura. Scheggia è l’emozione non ancora domata: l’adolescente che sopravvive in ogni adulto.
Vittoria Puccini – Il sogno che sussurra
Puccini interpreta Giulietta con eleganza lirica. È l’anima poetica del film, la voce più fragile ma anche quella più determinata a resistere. Il suo volto, spesso in silenzio, basta a suggerire tutto il non detto di Lara. Giulietta è speranza, malinconia e desiderio, e Puccini la incarna con misura e grazia classica.
Conclusione
In FolleMente, ogni attore interpreta un frammento di coscienza, rendendo visibile l’invisibile. La coralità funziona perché ogni performance è calibrata non solo sul personaggio, ma sulla dinamica collettiva del racconto. In questo senso, Genovese realizza una commedia “orchestrale”, dove nessuna voce sovrasta, ma ognuna contribuisce alla polifonia emozionale del film. È una scelta registica matura, che restituisce all’attore la sua centralità, non come star, ma come medium narrativo e simbolico.
Linguaggio audiovisivo, alcune considerazioni
Come aveva già fatto in “Perfetti sconosciuti”, Genovese utilizza un’ambientazione unica.
O meglio due.
L’appartamento di Lara, per concentrare l’attenzione sui dialoghi e sulle interazioni tra i personaggi.
L’appartamento “mentale” dove si confrontano in stanze diverse le personalità interiori dei due protagonisti.
La fotografia di Fabrizio Lucci e il montaggio di Consuelo Catucci contribuiscono a mantenere un ritmo vivace e a distinguere i piani della realtà e della mente.
Le scenografie e i costumi sono curati per riflettere le personalità dei personaggi, creando un ambiente coerente e coinvolgente.
Accoglienza da parte della critica e recensioni
Il film ha ricevuto recensioni generalmente positive. Secondo Wired, “FolleMente” è una commedia che racconta la difficoltà degli esseri umani a capirsi e a raccontarsi, con umorismo e costanza. DeBaser sottolinea l’affiatamento del cast e la piacevolezza della visione, mentre Vanity Fair apprezza la leggerezza con cui il film affronta le relazioni. Cineuropa evidenzia i dialoghi incalzanti e il montaggio efficace, e MYmovies.it lo descrive come un film divertente e attento alle nuove sensibilità maschili e femminili.
Parallelismo tra FolleMente e Inside Out
Sebbene entrambi i film condividano l’idea di personificare le emozioni, le modalità con cui questa tematica viene esplorata differiscono significativamente:
Inside Out è un film d’animazione rivolto a un pubblico familiare, che esplora le emozioni di una bambina di 11 anni, Riley, durante un periodo di cambiamento significativo nella sua vita. Le emozioni principali:
Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto;
sono personificate e operano all’interno della “sala di controllo” della mente di Riley, influenzando le sue reazioni e decisioni.
Il film si concentra sullo sviluppo emotivo e sull’importanza di accettare tutte le emozioni come parte integrante dell’esperienza umana.
FolleMente, invece, è una commedia romantica che si svolge nel corso di una singola serata, focalizzandosi su un primo appuntamento tra due adulti, Piero e Lara. Le loro personalità interiori come:
il razionale Professore, il romantico Romeo, la seducente Trilli e l’intransigente Alfa;
interagiscono tra loro e con i protagonisti, influenzando le dinamiche dell’incontro.
Il film utilizza questo espediente per esplorare le insicurezze, le aspettative e le dinamiche relazionali degli adulti.
Come osserva Wired, FolleMente racconta una storia che si svolge nel mondo reale, commentata dal mondo interiore dei personaggi, creando un interessante equilibrio, a mio modo di vedere inedito, tra realtà e introspezione.
Un altro parallelismo pertinente. La drammaturgia dell’interiorità: il confronto silenzioso con Up Here
Accanto al già citato Inside Out, un altro riferimento interessante – e meno noto al pubblico italiano – è la serie statunitense Up Here (2023), prodotta da Hulu e disponibile su piattaforme internazionali. Ambientata nella New York del 1999, la serie racconta la storia d’amore tra Lindsay e Miguel, due giovani le cui vite sentimentali sono continuamente influenzate – e spesso sabotate – dalle rispettive “voci interiori”, personaggi che rappresentano genitori, amici, ex e ideali di sé stessi.
Come in FolleMente, anche in Up Here queste entità mentali prendono forma fisica e interagiscono direttamente con i protagonisti, diventando personaggi a tutti gli effetti.
Ma mentre la serie americana tende a usare la musicalità e la narrazione teatrale per affrontare l’interiorità, FolleMente rimane ancorato al realismo della commedia cinematografica italiana, con una forte attenzione alla parola e alla dialettica relazionale.
Il risultato è che, pur partendo da un concept simile – ovvero l’amore osservato attraverso il filtro della psiche – le due opere divergono per stile, tono e cultura di riferimento: lirico-pop e frenetico Up Here, più misurato, malinconico e umanissimo FolleMente.
Se Inside Out è il referente dichiarato e “alto”, esemplare nella sua codificazione animata del sistema emozionale, Up Here rappresenta invece il cugino meno noto ma sorprendentemente affine, soprattutto per chi osserva FolleMente attraverso la lente della critica comparata.
La serie prodotta da Hulu, creata da Steven Levenson e ambientata nella Manhattan di fine millennio, costruisce una narrazione sentimentale fondata sull’invasività del pensiero interiore che si fa voce, immagine, persino canto. Il soggetto, come in Genovese, è abitato: ma in Up Here le voci assumono le sembianze di figure familiari e traumatiche – genitori, ex amanti, sé idealizzati – che contaminano l’esperienza amorosa con un’interferenza costante. È un dispositivo narrativo che affonda le radici nel teatro di Strindberg e nella memoria emotiva del musical psicoanalitico.
FolleMente, al contrario, pur condividendo l’assunto (l’interiorità che prende corpo), ne elabora una versione più secca, quasi novecentesca, in cui le voci interiori non provengono dal passato, ma sono costellazioni archetipiche dell’identità attuale.
Se Up Here lavora sulla sedimentazione del trauma e sull’oscillazione fra narcisismo e performance, Genovese costruisce un impianto più brechtiano: la distanza ironica, la visibilità dello stratagemma, la frontalità dello sdoppiamento. Dove Up Here seduce con la nostalgia e il ritmo del musical interiore, FolleMente sceglie la parola, il silenzio, la contraddizione come forma estetica.
Il dialogo implicito fra le due opere è rivelatore di due approcci culturali differenti al medesimo dilemma: quanto delle nostre relazioni appartiene a noi, e quanto a ciò che ci abita?
L’una risponde con l’incanto della rievocazione.
L’altra, con l’umorismo della consapevolezza.
Paolo Genovese: la mente dietro le menti
Paolo Genovese: il regista romano del film, classe 1966, ha costruito una carriera cinematografica che esplora le sfumature dell’animo umano attraverso storie che intrecciano commedia e introspezione. Dopo una formazione in ambito pubblicitario.
Ha esordito nel cinema con “Incantesimo napoletano” (2002), co-diretto con Luca Miniero, ottenendo riconoscimenti come il David di Donatello e due Globi d’oro. Sempre insieme a Luca Miniero pochi ricordano che aveva già diretto il bellissimo cortometraggio: “Piccole cose di valore non quantificabile” del 1999, molto ben interpretato dagli attori Gianni Ferreri e Fabrizia Sacchi, che ottenne i seguenti riconoscimenti: Festival Lo sbarco dei corti: Miglior cortometraggio; Premio del pubblico, Premio Film Universal; Linea d’ombra: Miglior cortometraggio; Genova Film Festival: Premio della critica; Capalbio Film Festival: Premio F.I.C.E., Premio Giuria Ragazzi; Premio Massimo Troisi: Menzione speciale della Giuria; Montpellier International Film Festival: Premio speciale della Giuria; Cortinametraggio: Premio miglior soggetto; Fano Film Festival: Miglior cortometraggio, miglior attrice protagonista.
Successivamente, ha diretto film come “La banda dei Babbi Natale” (2010), “Immaturi” (2011) e “Tutta colpa di Freud” (2014), consolidando il suo stile narrativo che coniuga leggerezza e profondità.
Il successo internazionale arriva con “Perfetti sconosciuti” (2016), una commedia che mette a nudo i segreti di un gruppo di amici durante una cena, vincendo il David di Donatello per il miglior film e la migliore sceneggiatura, oltre a ottenere numerosi remake in tutto il mondo.
In “FolleMente”, Genovese prosegue la sua indagine sulle dinamiche relazionali, portando sullo schermo le voci interiori dei protagonisti durante un primo appuntamento, offrendo una riflessione sulle fragilità e le paure che accompagnano le relazioni sentimentali contemporanee.
Come ha dichiarato in un’intervista, “Nel caso di FolleMente penso che sia una storia che rispecchia le relazioni sentimentali oggi, le nostre fragilità, le nostre paure, l’uomo che cambia e la donna anche, le cose che non possiamo più dire perché sono fuori tempo e le elucubrazioni che ci facciamo”.
Con “FolleMente”, Genovese conferma la sua capacità di raccontare l’intimità e la complessità delle relazioni umane, utilizzando un linguaggio cinematografico che unisce ironia e profondità emotiva, consolidando il suo ruolo di narratore delle sfumature dell’animo umano nel panorama cinematografico italiano.
Conclusione
FolleMente si distingue come una commedia brillante che, attraverso un cast affiatato e una sceneggiatura intelligente, offre una riflessione sulle complessità delle relazioni moderne.
Pur non raggiungendo l’impatto emotivo e narrativo di Perfetti sconosciuti, il film si distingue per originalità e profondità, confermando il talento di Paolo Genovese nel raccontare le sfumature dell’animo umano.
Il film riesce a bilanciare umorismo e introspezione, offrendo al pubblico una rappresentazione autentica delle sfide e delle gioie dell’amore adulto.
Attraverso la personificazione delle emozioni, FolleMente invita gli spettatori a riconoscere e accettare le proprie complessità interiori, sottolineando l’importanza dell’equilibrio emotivo nelle relazioni.
Ciao Roberto, non ho visto il film anche se un’amica me lo aveva raccontato; quando lo avrò visto tornerò.
Caro @Adriano, ti ringrazio di cuore per l’attenzione e per aver lasciato un commento qui – è un gesto che apprezzo moltissimo. Sarò felice di conoscere il tuo parere, a cui tengo in modo particolare.