cinemavistodame.com di Roberto Bernabò

I film in uscita dal 12 dicembre 2008

Nei Cinema dal 12 dicembre 2008

  • Il giardino di Limoni – di Eran Riklis
  • Come Dio comanda – di Gabriele Salvatores
  • Ultimatum alla Terra – di Scott Derrickson
  • Stare fuori – di Fabiomassimo Lozzi

L’anticipazione

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Il cosmo sul comò

titolo originale: Il cosmo sul comò
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Marcello Cesena
genere: Commedia
durata: 100 min.
distribuzione: Medusa Film
cast: A. Baglio • G. Poretti • G. Storti • S. Fallisi • S. D’Amario • V. Cabello • S. Bustric • L. Turina • D. Villa • R. Cremona • C. Massironi • I. Regonese • A. Finocchiaro
sceneggiatura: A. Baglio • G. Storti • G. Poretti • V. Bariletti • M. Cesena
musiche: P. Silvestri
fotografia: A. Castiglioni
montaggio: D. Torchia

Trama: Un grande, attesissimo ritorno natalizio. Che però ha sempre il sapore della novità, della sorpresa, dello spiazzamento, pure nella tradizione più salda dell’irrefrenabile comicità del trio. E della sua inesorabile vocazione al successo. Stavolta il racconto parte da fonti diverse, intreccia situazioni e personaggi, gag come al solito irresistibili, situazioni bizzarre in una serie di episodi imperdibili per spasso, allegria, qualità.

Uscita furba quella del trio cabarettistico.

Nelle vacanze di Natale insieme ai cinepanettoni, almeno potremo ridere in maniera più intelligente.

Segnalo che, come assistente alla regia, a questo film ha lavorato la promettente Marcella Libonati. Che speriamo prima o poi di vedere debuttare con un lungometraggio tutto suo.

Quattro stars tutte di Natale;)

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Il giardino di Limoni

titolo originale: Lemon Tree
nazione: Francia / Germania / Israele
anno: 2007
regia: Eran Riklis
genere: Drammatico
durata: 106 min.
distribuzione: Teodora Film
cast: H. Abbass (Salma) • A. Suliman (Ziad Daud) • D. Tavory (Ministro) • R. Lipaz-Michael (Moglie del Ministro) • T. Copty (Abu Hussam) • A. Lavie (Capitano Jacob) • A. Wolf (Leibowitz) • D. Leshman (soldato Itamar)
sceneggiatura: E. Riklis • S. Arraf
musiche: H. Shehadeh Hanna
fotografia: R. Klausmann
montaggio: T. Ascher

Trama: Il nuovo vicino di casa della palestinese Salma è il ministro degli esteri di Israele. Pertanto, per ragioni di sicurezza, lei è obbligata ad abbattere il suo adorato giardino di limoni. Ma Salma non si arrende, e intraprende una ostinata difesa della propria dignità. Una lotta “politica” esemplare nella sua quotidianità.

Vincitore del premio speciale del pubblico all’ultimo Festival di Berlino per la migliore regia, Eran Riklis ha visto premiare questo film anche al Awards of the Israeli Film Academy dove l’attrice Hiam Abbass si è aggiudicata l’award come migliore interprete femminile, in questa rassegna molte altre sono state le nomination.

Nomination che è arrivata anche al recentissimo European Film Awards sempre alla bravissima attrice Hiam Abbass, basta vedere il trailer per coglierne le potenzialità espressive, e per la migliore sceneggiatura che il regista Eran Riklis ha scritto insieme a Suha Arraf.

Non è mai facile affrontare la questione israelo-palestinese … tanto meno al cinema.

Credo che questo film sia da vedere proprio per l’originalità della narrativa di questo tema.

La ritengo sicuramente una delle uscite più promettenti del weekend, e credo proprio che domani opterò per questa pellicola personalmente. Il film di Salvatores, che comunque vedrò sicuramente in sala, non mi convince al 100%. Non so perché.

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Come Dio comanda

titolo originale: Come Dio comanda
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Gabriele Salvatores
genere: Drammatico
durata: 103 min.
distribuzione: 01 Distribution
cast: E. Germano (Quattro Formaggi) • F. Timi (Rino Zena) • F. De Luigi (Trecca) • A. Leo (Fabiana) • V. Mirandola (Dr. Brolli) • L. Di Rocco (Esmeralda) • A. Caleca (Cristiano Zena) • A. Bressanello (Marchetta)
sceneggiatura: G. Salvatores • N. Ammaniti • A. Manzini
musiche: Mokadelic
fotografia: I. Petriccione
montaggio: M. Fiocchi

Trama: Rino e Cristiano Zena, padre e figlio, vivono in una desolata provincia del nord Italia. Rino è disoccupato e mantiene sé stesso e suo figlio come può. Il ragazzo frequenta le scuole medie ed è molto legato al padre che lo sta educando secondo violenti principi razzisti, maschilisti e nazionalsocialisti, ma che lo ama più della sua stessa vita. Tratto dal bestseller di Niccolò Ammaniti.

Molto si è detto e molto si è letto a proposito sia del romanzo che del film.

Non c’è dubbio che Niccolò Ammaniti rimane uno degli scrittori italiani più interessanti degli ultimi anni e “L’ultimo capodanno” (1998) di Marco Risi che riuscii a vedere in sala in questi pochissimi giorni di programmazione, rimarrà, nel mio immaginario, una delle trasposizioni più riuscite dei suoi romanzi, insieme a “Io non ho paura” (2003) dello stesso Salvatores.

So che in questo film Elio Germano interpreta una personaggio di vaga ispirazione shaspepriana e che la storia agrodolce ha dei contenuti forti.

Io ho molto amato alcuni film di Salvatores, sia nelle primissime cose, oltre ovviamente al premio oscars “Mediterraneo” (1991), come “Marrakech Express” (1989), o “Turné” (1990), lo stesso stranissimo “Sud” (1993) ma anche cose più recenti come “Nirvana” (1997), ad esempio, che rimane una pellicola italiana finalmente esportabile.

Non mi hanno convinto le ultimissime cose, vedi “Amnesia” (2002). Ma Il premio Oscar Gabriele Salvatores non me lo perdo in sala.

Anche se non credo siamo all’ennesimo capolavoro ed anche se mi tengo cauto con tre stars, vedremo dopo la visione. Scusate la tautologia.

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Ultimatum alla Terra

titolo originale: The Day the Earth Stood Still
nazione: U.S.A.
anno: 2008
regia: Scott Derrickson
genere: Fantascienza
durata: 103 min.
distribuzione: 20th Century Fox
cast: K. Reeves (Klaatu) • J. Connelly (Helen Benson) • J. Smith (Jacob) • J. Hamm (Dr. Granier) • J. Cleese (Dr. Barnhardt) • A. Douglas (Sgt. Winter) • R. Cross (Gen. Quinn) • M. Kraish (Yusef) • K. Bates
sceneggiatura: D. Scarpa
musiche: T. Bates
fotografia: D. Tattersall
montaggio: W. Wahrman

Trama: Gli alieni sbarcano sulla Terra con un messaggio per tutti gli umani: vivete in pace o vi distruggeremo. Remake del film omonimo di Robert Wise dell 1951.

Voi lo conoscete il Satellite Awards? Io no personalmente ma vi posso garantire che codesto remake ha avuto alcune nomination in questa rassegna. Ma per cose attinenti gli aspetti formali non di contenuto tipo il suono e gli effetti visivi.

Non è che siano proprio il massimo.

Che vi devo dire? I remake sono sempre operazioni che non mi convincono. Va aggiunto che la mia personale sensazione è che l’ex eletto della saga di Matrix, Keanu Reeves, incontri non poche difficoltà a riaffermarsi come attore, in ruoli che non siano legati alla scince ficntion.

Ma ho la netta sensazione che mentre il film del 1951 era, per l’epoca, qualcosa di assolutamente valido, qui in verità non saprei dirvi.

E a poco valgono le dichiarazioni dell’attore che si spiega che: “Abbiamo bisogno dell’Alieno per capire noi stessi“. Sarà. Io mi sa che neanche con 10 alieni ci riuscirò mai, ma questa è un’altra storia.

Due stars virgola cinque.

Stare fuori

Stare fuori

titolo originale: Stare fuori
nazione: Italia
anno: 2008
regia: Fabiomassimo Lozzi
genere: Sentimentale
durata: 91 min.
distribuzione: A.B. Film Distributors
cast: F. Pacifici (Eugenio) • G. Jelo (Rosalia) • I. Micioni (Giulio) • N. Benedettini (Aurora) • A. Riceci (Gabriele)
sceneggiatura: F. Lozzi
fotografia: B. Minot
montaggio: E. Guerrieri

Trama: Giulio è un ragazzo che non riesce a dimenticare il suo primo amore, Aurora, che decide di lasciare il loro paese in Sicilia per andare a lavorare a Roma, creando così una frattura irreparabile nel loro rapporto. Molto tempo dopo, ancora innamorato, Giulio arriva a Roma con l’intenzione di ritrovarla e va a stare a casa di una coppia di amici di famiglia …

Sinossi: “Più della faccia di un amore che non ti vuole e che ti lascia fuori…” “Stare Fuori”, Ivano Fossati

Si ho visto il trailer su You tube e sono come dire senza parole.

Diciamo che il titolo Stare Fuori dice molto di più di quello che la produzione sperava.

Ok capisco che si sta dando spazio a nuovi autori di potersi esprimere. E questa è sempre una operazione meritoria sia detto tanto più se il film è indipendente.

Annoto che il film si è avvalso del sostegno di: Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MiBAC) (Interesse Culturale Nazionale per Opere Prime e Seconde)

Diciamo che anche la citazione di Ivano Fossati ci piace.

Il trailer non è che mi abbia convinto al 100%, però accordiamo fiducia a questo autore che ci parla di una ennesima storia di emigrazione.

Diciamo tre stars.

A cura di cinemavistodame.

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Roberto Bernabò
15 anni fa

@noir83 Io non ero entrato così nel merito dello specifico dell’opera cinematografica di Salvatores.

Che peraltro non ho visto.

Parlavo della trasposizione tout court.

Mi sento di dire che le tue argomentazioni adesso, entrando nel merito dello specifico filmico della trasposizione di Salvatores, mi danno elementi ulteriori di valutazione.

La mia paura, in questo, come in molti altri casi di registi (e di scrittori) che hanno raggiunto la fama e la notorietà, è che ci si trovi alla fine ahimè (ma questo potrebbe accadere anche a me o a te se diventassimo, per pura ipotesi, tali), sempre di fronte ad operazioni commerciali e non certo di arte.

E questo, va detto, per motivazioni che sarebbe pleonastico spiegare in questo spazio, ma che non necessariamente sarebbero, quanto meno del tutto, ascrivibili agli autori.

Si dovrebbe allargare il campo d’indagine: ai produttori e, perché no, ai distributori della pellicola. Ed in particolare: ai soldi investiti nella produzione ed alle attese che gli stessi generano sulle scelte di distribuzione.

Sai? Gli autori devono, soprattutto se famosi, confrontarsi sempre più con questi problemi/aspetti del contesto e non solo in Italia, anzi.

La verità è che un film, anche se costituisce la trasposizione dal letterario al filmico, (e questa è la storia di questo specifico aspetto del problema ontologico), ha sempre a disposizione due scelte di campo.

A) Quella che dici tu.

Cioè non tradire l’essenza del romanzo. Che secondo me finisce sempre per deludere lo spettatore-lettore.

B) Quella di liberamente ispirarsi a.

Io non so dirti cosa preferisco.

Una cosa, però, è certa.

Film e romanzo saranno sempre due cose diverse.

Ricordo quando vidi la trasposizione dal letterario al filmico di “Orwell 1984” di Michael Radford, basato sull’omonimo romanzo di George Orwell, che avevo letto.

Io ero appena ventiquattrenne e, come te, rimasi deluso.

Eppure l’operazione di Redford fu l’assoluta fedeltà e la dogmatica ortodossia verso il romanzo.

E fu a mio modo di vedere un errore.

Una trasposizione dal letterario al filmico non può avere come unico parametro l’aver o meno colto lo spirito del romanzo. Anche perché fammi capire, in 500 pagine, qual’è e, ancor di più, cos’è lo spirito di un romanzo rispetto all’adattamento cinematografico.

Perché, vedi, il romanzo al film fornisce alcuni elementi.

Dentro questi elementi bisogna cercare, se c’è, il cinema, prima ancora che il film.

La storia del Cinema è piena di trasposizioni infedeli che sono meravigliose opere cinematografiche, in alcuni casi addirittura superiori al romanzo, o, quanto meno, paritetiche.

Ed va detto, per completezza, che trasposizioni assolutamente fedeli finiscono per deludere ugualmente il lettore-spettatore.

Non fraintendermi però, quello che voglio dire è che il cinema usa il letterario (non il letterato che è l’autore o lo studioso) per fare dell’altro, sempre e comunque.

Ergo sono pronto ad accettare l’idea che comediocomanda sia un brutto film, non contesto questa tua indiscutibile percezione, ma non credo la stessa sia influenzata esclusivamente dal fatto che il regista non sia riuscito a cogliere lo spirito del romanzo.

Se è un brutto film il giudizio deve rimanere confinato, sempre a mio modo di vedere, all’aspetto specifico del linguaggio audiovisivo. Indipendentemente dal romanzo.

Ecco l’ho detto.

Capisco che gli strappi dal romanzo alterino (o possano finire per alterare) la narrazione di eventi ed esistenti, ma, ribadisco, negli adattamenti, spesso, non ci sono alternative.

Vedi nel caso di Jules e Jim: molte azioni, frastagliate in una miriade di personaggi secondari, furono ricondotte, tutte o quasi, agli esistenti protagonisti, in maniera del tutto arbitraria, ma ccoerente con il medium filmico.

Insomma è possibile che Salvatores abbia fatto un brutto film (non sarebbe il primo), ma questo non (necessariamente almeno) attiene all’opera di trasposizione.

Vuoi la mia idea decontestualizzata?

“Mai fedeli al romanzo, mai”.

Eheheh.

Con stima.

Rob.

noir83
15 anni fa

So bene letterato e filmico hanno regole e caratteristiche diverse, e infatti ho detto che le scelte e le modifiche apportate sono giuste ma che alla fine il risultato non ha nulla a che vedere con il romanzo che è stato snaturato, trasformando Come dio comanda nella storia di un figlio che pensa che il padre abbia commesso un omicidio. Tutto qui. Trasportare un romanzo sullo schermo significa trasportare l’essenza del libro, quello che l’autore voleva raccontare, l’esistenza dei personaggi. Il modo in cui lo si fa è ovviamente differente ma quello che la storia deve trasmettere deve essere la stessa altrimenti non ha alcun senso realizzare la trasposizione. Scrivi un soggetto originale e amen.
E’ l’errore che fece Infascelli con Almost Blue di Carlo Lucarelli. Disse che dopo aver letto il libro lo chiuse in un cassetto e ne fece la sua versione. Così non trasporti sullo schermo il romanzo ma la trama. Non ha alcun senso. Proprio perchè quello che rendeva bello quel romanzo non era la storia in sè ma il modo in cui Lucarelli l’aveva raccontata. Se non puoi raccontarla allo stesso modo su pellicola (e spesso non è possibile proprio perchè sono due linguaggi diversi) è inutile farlo. Così fai il film sul soggetto non sul romanzo. Come Dio comanda è un libro estremamente difficile di riportare ed era doveroso apportare delle modifiche, ma doveva sapere che una scena (come quella dell’omicidio ad esempio) su carta ha un certo peso perchè lo ha acquisito da tutto quello che veniva prima. Lo scrittore costruisce l’intreccio per portarti a quella scena con un determinato stato d’animo, per farti provare una determinata emozione. Se tu elimini tutta l’architettura su cui quella scena poggia, le fai perdere di significato, diventa banale, già vista (per quanto ben diretta e interpretata). Questo è quello che Salvatores ha fatto per tutto il film.

Roberto Bernabò
15 anni fa

@noir83 Allora le trasposizioni dal letterario al filmico sono un po’ la mia ossessione da quando vidi Jules e Jim il terzo lungometraggio di François Truffaut basato sul romanzo di Henri-Pierre Roché, che collaborò molto con il regista alla stesura della sceneggiatura.

Se hai letto anche quel romanzo, non puoi non esserti resa/o conto che linguaggio letterario e linguaggio audiovisivo non hanno niente in comune … se non l’idea del racconto. Eventi ed esistenti sono gli stessi ma i medium con il quale la narrazione è agita sono alquanto differenti.

Quando si affronta il tema della trasposizione si deve, necessariamente, adattare (da qui il termine adattamento) il romanzo al film, mai il contrario.

Per definizione il romanzo è, come dire, “eccedente” rispetto all’opera cinematografica.

Il termine più corretto da utilizzare in questi casi è selezione.

Ecco la trasposizione è, prevalentemente, un’operazione di selezione.

Ora la selezione operata dal regista, o dallo sceneggiatore, decidi tu, avrà sempre, e dico sempre, uno scarto quantico rispetto alla nostra rappresentazione del romanzo.

Per questo, spesso come nel tuo caso, chi ha letto un romanzo che successivamente viene trasposto in opera cinematografica, quasi mai è soddisfatto dell’operazione.

Questa difesa d’ufficio di questa operazione nata in pratica con il cinema, non vale sempre con la stessa drammatica intensità, perché, è chiaro, ci sono trasposizioni più accurate e, lasciami dire, più fedeli al romanzo, ed altre meno accurate e anche (non necessariamente) meno fedeli all’opera letteraria.

Ora nel caso di specie Salvatores e Ammaninti hanno operato, sul romanzo, volutamente e scientemente delle operazioni di tradimento, ma, credo di poterti dire, che negli adattamenti cinematografici tu debba sempre valutare anche il potenziale visivo di una storia, nonché il fatto che mentre certe azioni, in letteratura, funzionano, ed anche bene, in una messa in scena le stesse azioni possono risultare meno efficaci.

Peraltro non ho letto ancora niente di entusiasmante su questo film.

Per rispondere alla tua domanda … si le trasposizioni mi piacciono.

E ad esempio quella operata da Ridley Scott sul racconto di Blade Runner di Philip K. Dick, rimane per me un’operazione da culto, mirabile, che stupì lo stesso scrittore. Ed anche lo stesso Jules e Jim di François Truffaut peraltro. Anche se anche quell’adattamento si prese qualche libertà rispetto al romanzo.

Con stima.

Rob.

noir83
15 anni fa

Ciao Rob. Io ho visto “Come Dio comanda” e sinceramente non mi è piaciuto granchè. Sarà che conosco il romanzo, ma per quanto Ammaniti abbia collaborato alla sceneggiatura mi sembra che alla fine del libro stesso sia rimasto ben poco.
A te che piacciono le trasposizioni che ne pensi?

Godot
15 anni fa

Ciao Rob… come al solito sei puntualissimo con le tue segnalazioni sul cinema…questa settimana però devo rinunciare visto che passerò tutto il weekend a lavoro :(
Spero di rifarmi la settimana prossima! ;)

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